Tra viaggio e paesaggio: immagini e stereotipi dal Grand Tour a Instagram 

di Nicola Gabellieri

“Da Bolzano a Trento si percorre per circa nove miglia una valle sempre più ubertosa. Tutto ciò che fra le montagne più alte comincia appena a vegetare, qui acquista forza e vita; il sole brilla con ardore e si crede ancora in un dio” (Goethe, 1817, trad. ita. Zaniboni, 1910, p. 13).
A scrivere queste parole – affacciandosi all’alba dei suoi 37 anni nella valle dell’Adige – è Johann Wolfgang von Goethe(1749-1832), il Vate tedesco. La narrazione segue il filo del viaggio che da Innsbruck lo porta sino a Roma, poi a Napoli ed oltre, sino in Sicilia. Un itinerario impregnato di wanderlust continua che Goethe modella volentieri con piccole e significative deviazioni; infatti, dopo poche pagine, aggiunge “con che ardente desiderio vorrei che i miei amici si trovassero un momento qui con me, per poter gioire della vista che mi sta innanzi! Per questa sera, mi sarei già potuto trovare a Verona; ma a pochi passi da me c’era questo maestoso spettacolo della natura, questo delizioso quadro che è il lago di Garda, ed io non ho voluto rinunciarvi; così mi trovo splendidamente compensato d’aver allungato il cammino” (Goethe, 1817, trad. ita. In Zaniboni, 1910, pp. 30-31).

I testi qua riportati sono tratti da Italienische Reise, o Viaggio in Italia: uno degli esempi più noti di quel florilegio di pubblicazioni relative al fenomeno sociale noto come Grand Tour. Con questo termine si è usi definire tra XVII e XIX secolo quella prassi sociale che vede il viaggio nella Penisola come momento imprescindibile della formazione dei giovani esponenti delle upper class dell’Europa Settentrionale, prodromo storico del turismo moderno (per un riferimento cinefilo moderno si veda la crescita caratteriale di Colin tra seconda e terza stagione della serie TV Bridgerton!).

Lasciando da parte le citazioni culturali apicali, non possiamo non concordare con Edoardo Grendi (1999) quanto critica l’interpretazione unitaria di un fenomeno sociale che copre almeno tre secoli e a cui corrispondono contesti culturali, economici, politici ed estetici più che differenti. Caratteri comuni sono comunque il valore strategico-strumentale attribuito al viaggio come scoperta o riscoperta (di cosa dipende dall’epoca o dalla persona) e la ricca produzione di documenti testuali o iconografici, per documentare, ricordare o condividere tale esplorazione (Scaramellini, 2008).
Al Grand Tour corrispondono infatti resoconti di viaggio, corrispondenze, diari (come quello di Goethe) oppure quadri, schizzi, vedute che documentano le Italie del tempo, o per meglio dire, le Italia del tempo come riflesse negli occhi e nella penna di visitatori e visitatrici (Sereni, 1961; Gabellieri, 2021; Piana, Watkins, Balzaretti, 2021).
 
Tale corpus costituisce una fonte di informazione inesauribile per chi si occupa di storia del paesaggio, anche perché sovente un viaggiatore esterno coglie e annota dettagli che a un locale possono sfuggire. In questa direzione si muove un progetto di ricerca di interesse nazionale a cui ho il piacere di partecipare, “Envisioning Landscapes” (PRIN 2022 PNRR), il cui obiettivo è proprio quello di raccogliere descrizioni o rappresentazione dei territori del passato.
Si guardi ad esempio l’immagine nella figura 2, calcografia ottocentesca di un ponte a Trento oggi non più esistente, e gli infiniti elementi di confronto tra ieri e oggi che possono sgorgare: quello che attualmente è un quartiere urbano si presentava, nemmeno due secoli fa, come un’arteria fluviale di commercio, spazio extra moenia di allevamento e agricoltura, centro politico fortificato. Basta uno schizzo storico per mettere in scena, in modo concreto, la profonda trasformazione di paesaggi rurali e urbani. 

Ma questa documentazione è ugualmente importante per riflettere su chi la produceva e come venivano realizzata, in quanto testi e immagini rispecchiano modi di vedere, gusti estetici, topoi di interesse, categorie interpretative, vizi e virtù di generazioni di intellettuali più o meno celebri/e. Non a caso, Cesare De Seta (2014) considera la letteratura odeporica come fonte più per ricostruire il contesto di provenienza dell’autore che lo spazio attraversato e narrato. 

A questo proposito si possono infatti scomodare grandi esponenti del pensiero post-strutturalista come Edward Said (1978) e la sua disanima dell’Orientalismo, leggendo come J. De Blainville (1707) definisse i trentini e le trentine come “piccole, capelli neri, e occhi ugualmente neri, con aspetto italiano” o Henry David Inglis (1831) contrapponesse l’ossequiosità e l'effeminatezza italiana alla schiettezza e indipendenza tedesca. Oppure, si può riflettere sull’idea di itinerario-canone, vedendo come i cammini dei viaggiatori e delle viaggiatrici seguano quelli di chi li ha preceduti, ed autori ed autrici tendano a notare e fare proprio quello che altri ed altre prima di loro hanno evidenziato. Così tutti i percorsi ottocenteschi si estendono sino al Lago di Garda, sulla scia degli entusiasti commenti goethiani, e tutte le protoguide di viaggio copiano (o almeno si ispirano) a quelle precedenti, a volte cadendo in errori marchiani. 

 

È quello che Lady Mary Wortley Montagu (1751) acutamente rimprovera alla figlia: di aver nozioni errate dei paesi che visita, indotte da libri antiquati o racconti superficiali. Di partire, insomma, con delle idee aprioristiche e preconcetti a cui far adeguare la realtà visitata e quindi, invece di aprire la mente con curiosità alla scoperta empirica, di perpetuare stereotipi. 

 

Forse l’interesse maggiore per lo studio del Grand Tour si basa proprio su questo: la distanza temporale e culturale ci consente di osservare con distacco e criticare un fenomeno di viaggio che in larga parte ricalca le stesse contraddizioni del turismo attuale. A questo si ispira il concetto di “autenticità messa in scena” coniato da Dean MacCannell (1973) per descrivere la macchina culturale che soggiace alla massa dei turisti: le immagini introiettate prima di partire condizionano le aspettative e la soddisfazione del viaggio e, ad apparire “autentico”, non è ciò che reale, ma ciò che corrisponde all’immaginario previo. A costruire questo immaginario possono concorrere sia la più alta letteratura sia social come Instagram. Dopotutto, la celebrità del Garda come meta turistica attuale è spiegabile anche grazie al sedimentare dell’immagine costruita dal romanticismo tedesco. C’è anche chi lo ammette apertamente, come Heinrich Heine (1830), che con la sua piccante ironia cita il suo modello (“penso perciò che sia più pratico per me rinviare qui una volta per tutte al Viaggio in Italia di Goethe, tanto più che egli ha fatto la mia strada attraverso il Tirolo sino a Verona”), aggiungendo sardonico che “la Natura voleva sapere qual era il suo aspetto e creò Goethe”.

Forse, tra Goethe e la sua capacità immaginifica capace di creare immagini e/o stereotipi, e un/una instagrammer contemporaneo/a, non corre molta distanza.


Riferimenti bibliografici

 

Brilli Attilio (2006), Il viaggio in Italia, Il Mulino, Bologna.

De Seta Cesare (2014), L’Italia nello specchio del Grand Tour, Rizzoli, Milano.

Gabellieri Nicola (2021), L’approccio comparativo alla letteratura odeporica: analisi geostorica del territorio Trentino nell’Ottocento, “Geotema”, 66, pp. 63-71.

Grendi Edoardo (1999), Dal Grand Tour a la passione mediterranea, “Quaderni storici”, 100, 1, pp. 121-133.

Heinrich Heine (1964), Impressioni di viaggio (Reisebilder), a cura di Ferruccio Masini e Vanda Perretta, Edizioni per il Club del Libro, Novara (ed. or. 1830).  

Inglis Henry David (1831), The Tyrol; with a Glance at Bavaria, Whittaker, Londra.

 

MacCannell Dean (1973), Staged authenticity: Arrangements of social space in tourist settings, “American journal of Sociology”, 79, 3, pp. 589-603.

Mercey Frederic M. (1835), Histoire et description des principales villes de l'Europe. Tyrol. Trente,  Desenne, Parigi. 

Piana Pietro, Watkins Charles, Balzaretti Ross (2021), Rediscovering Lost Landscapes: Topographical Art in North-West Italy, 1800-1920, The Boydell Press, Woodbridge.

Said Edward (1978), Orientalism: Western concepts of the Orient, Pantheon, New York.

Scaramellini Guglielmo (2008), Paesaggi di carta, paesaggi di parola. Luoghi e ambienti geografici nei resoconti di viaggio (secoli XVIII-XIX), Giappichelli, Torino.

 

Sereni Emilio (1961), Storia del paesaggio agrario Italiano, Laterza, Roma-Bari.

Zaniboni Emilio (1907), L’Italia alla fine del Secolo XVIII nel “Viaggio” e nelle altre opere di J.W. Goethe, Il trentino, Ricciardi, Napoli.

 

 

Ringraziamenti

Questo articolo si inserisce nel quadro del progetto “Envisioning landscapes: geohistorical travel sources and GIS-based approaches for participative territorial management and enhancement” (P2022PAHJT) – CUP E53D23019130001, finanziato dall'Unione europea – Next Generation EU, nell’ambito del bando PRIN 2022 PNRR.