I confini nelle fonti storiche territoriali
Tutte le volte che ci avviciniamo a una fonte storica dobbiamo operare un’accurata analisi critica chiedendoci chi l’ha creata, come e perché. Le fonti, infatti, non vengono prodotte per rispondere alle nostre domande ma per ragioni spesso di tipo pratico, amministrativo, politico, letterario e molto altro.
La Toscana è la regione italiana con il più alto patrimonio di carte storiche, eredità di una tradizione scientifica collegata agli interessi territoriali, a partire da Leonardo da Vinci e poi con Galileo e la sua scuola.
Molte le tipologie di fonti che possiamo utilizzare per studiare il territorio dal punto di vista storico: fonti pubbliche fiscali come catasti ed estimi, fonti amministrative, fonti private come i cabrei, mappe delle varie Magistrature territoriali,
Le piante e le carte relative ai confini dello Stato toscano, ad esempio, facevano anticamente parte dell'archivio dei Nove conservatori della giurisdizione e del dominio fiorentino, magistratura alla quale era affidata anche la tutela dei confini dello Stato durante il Principato mediceo.
Durante il periodo lorenese, una parte delle competenze svolte dagli organi centrali fu trasferita alle nuove comunità istituite o rinnovate, procedendo con l’abolizione nel 1769 delle magistrature dei Nove e dei Capitani di parte ed alla creazione della Camera delle Comunità. Questo nuovo organo, dotato di personale tecnico, ed organizzato in due settori (quello degli affari contenziosi e quello degli affari economici) ebbe anche competenza sulle questioni di confine nonché la gestione del relativo archivio.
Con il motuproprio del 5 aprile 1784 l'archivio delle Riformagioni, all'interno del quale era confluito due anni prima anche l'archivio dei Confini, fu trasferito alle dipendenze dell'Avvocato regio (creato nel 1778) a cui fu attribuita anche la funzione giurisdizionale sui confini e la cura del relativo archivio, precedentemente ordinato e inventariato. Il materiale cartografico fu così distinto fra “Piante antiche”, anteriori al 1782, e “Piante moderne”, relative al periodo 1782-1857. Le prime furono raccolte in registri o arrotolate in tubi di ferro detti “cannoni” e suddivise come le filze corrispondenti, alle quali sono collegate mediante rinvii, in nove “caselle” relative ai differenti tratti di confine del Granducato. Le altre, sempre arrotolate in tubi di ferro, furono invece suddivise in sezioni.
Nel periodo della dominazione francese così come al momento della restaurazione del Granducato, nel 1815, le questioni concernenti i confini ed il relativo archivio continuarono ad essere amministrate dall'Avvocato regio.
Strumenti importanti per la conoscenza del Granducato di Toscana sono inoltre le seguenti fonti iconografiche digitalizzate e consultabili in rete ai seguenti link: CASTORE Catasti storici; RETORE Repertorio toponomastico regionale; CASTORE Cartografia storica regionale.
Da aggiungere a questi il Fondo Piante antiche e confini dell’Archivio di Stato di Firenze, e il Fondo Fiumi e Fossi dell’Archivio di Stato di Pisa che conservano inoltre una importante documentazione cartografica sui confini toscani.
Il significato del confine
Non di rado, in ambito storiografico, si è sostenuto che i confini dei territori sono nel corso del medioevo indefiniti, imprecisi e quindi in qualche modo privi di una reale consistenza. A me sembra, al contrario, che essi siano assai articolati e complessi, spesso non lineari, ma non per questo inesistenti. Certo, se si volesse confrontare la nozione di confine medievale con quella circolante oggi, che lo intende come linea di separazione territoriale della sovranità di due Stati, ogni paragone sarebbe improponibile. La territorialità politica medievale è percorsa da una serie di poteri, prerogative, privilegi, spesso esercitabili in territorio alieno, che non ne permettono alcun raffronto con la territorialità politica contemporanea…D'altra parte, come non ho mancato di sottolineare in precedenza, è pur vero il fatto che il medioevo consegna all'epoca moderna non solo un territorio solcato da confini, ma anche una società percorsa da linee di demarcazione più o meno definite che i giuristi sono assai spesso chiamati a sciogliere o a riarticolare (P.Marchetti, «I giuristi e i confini. L'elaborazione giuridica della nozione di confine tra medioevo ed età moderna», Cromohs, (2003)
In epoca moderna il concetto di confine si intreccia sempre più spesso con il concetto di proprietà, che è molto complesso e soggetto a cambiamenti ed evoluzioni. Nel XVI secolo si comincia ad associare il concetto di proprietà con quello della titolarità del suolo, anche se continuano a permanere tracce del vecchio costume confinario. Nell’Estimo del 1622 della Comunità di Vecchiano (ASP, Fiumi e Fossi 3759), ad esempio, per il lago di Massaciuccoli si afferma che Cosimo[G1] nella parte pisana è segnato dal punto estremo in cui si può lanciare “una scaglia, o un sasso stando sulla riva“; fino a quel punto il lago è dei Pisani.
Ma veniamo al concetto di confine e alla sua definizione attraverso le varie fonti storiche. Molto importante in questo senso l’apporto della toponomastica: i toponimi nelle mappe storiche servono tra l’altro a farci individuare confini che non sono più segnati nelle carte attuali. Tra il Catasto leopoldino attivato nel 1834 e le carte successive sono spariti infatti 52.000 toponimi, recuperati poi con RETORE, il repertorio toponomastico regionale. Tra loro, molti toponimi relativi a confinazioni tra Stati preunitari.
Ci sono poi i confini sfuggenti delle acque, come il caso del lago di Bientina, posto al confine tra il Granducato di Toscana e lo Stato di Lucca. Nel periodo medievale l’attenzione al confine tra lo Stato di Firenze e quello di Lucca era posta più che sulla titolarità del suolo, sul godimento dei servizi e delle “utilitates” fornite a diversi titolari delle stesse. Il confine tra Lucca e Granducato di Toscana sul lago di Sesto o Bientina rimase entità labile e sfuggente fino al 1847 con l’integrazione di Lucca al Granducato. Una carta topografica del 1624 segnala ancora la difficoltà della rappresentazione con il confine assente attraverso il lago.
Nell’esperienza di ricerca su estimi, catasti e mappe in Toscana i crinali dei monti sono una delle ricorrenze confinarie più rappresentate dei confini tra Stati o fra comunità. Prima dell’era della cartografia, alla linea di crinale è associata spesso per meglio definirla quella dello spartiacque, non priva di ambiguità. L’ambiguità però nei testi degli Estimi descrittivi è superata dalla minuziosa descrizione di tutti i confini di ogni appezzamento attribuito a un possessore. Con i catasti moderni del XIX secolo la linea di crinale è definita scientificamente e diviene l’unica rappresentata nelle mappe.
Anche le strade rappresentano un confine, anche se poco usato tra Stati preunitari. Più di altri elementi “naturali” le strade sono infatti a rischio come confine, si perdono con lo spopolamento, mutano percorsi o vengono abbandonate per nuove strade. Ad esempio la viabilità romana fu recuperata solo dalla fine secolo XVIII e nel XIX. Le strade sono invece molto presenti nei confini privati.
Soprattutto nei tratti montani sono spesso usati i corsi d’acqua, mentre in pianura possono creare problemi di confinazione perché nei secoli cambiano corso, anche per interventi artificiali (vedi il Reno che nel Medievo era un affluente del Po), si impaludano, possono essere soggetti a opere di regimazione anche imponenti.
Infine anche altri segni sul terreno come cippi, massi e croci, posti in occasione di processi di “terminazioni”, possono rappresentare ulteriori testimonianze inserite in epoche diverse nello stesso territorio. L'esigenza di un più preciso controllo del territorio legata alla politica riformatrice e modernizzante intrapresa dal governo toscano nella seconda metà del secolo XVIII portò, tra le altre cose, ad una ricognizione generale di tutti i confini del Granducato, che fu attuata alla fine degli anni '80. La "terminatione" riguardò tra l’altro anche il confine della Montagna pistoiese con lo Stato estense di Modena e con la Legazione pontificia di Bologna. Tutta la linea confinaria venne descritta dapprima sulla carta, con una abbondante produzione di mappe e di piante eseguite dagli ingegneri dei due stati, poi identificata sul terreno, per mezzo di termini cilindrici numerati e rintracciabili sulle carte, posti a poca distanza l'uno dall'altro. Realizzati in pietra e solidamente interrati si sono in gran parte conservati, specie nei tratti più riparati e non sottoposti all'azione erosiva degli agenti atmosferici. Molti di essi sono così ancora presenti sul posto e possono essere facilmente seguiti.
Occorre dire tuttavia può essere difficile ed anche talvolta fuorviante interpretare i cippi da soli come prova di reali confini storici: nonostante la loro solidità e la cura nel posizionamento, i cippi avevano una qualche predisposizione a spostarsi di notte, soprattutto se in prossimità di strutture particolarmente importanti come una dogana. Si sa, i confini possono non essere ben accetti a tutti i confinanti; i quali se hanno difficoltà a spostare il corso di un fiume o ancor più una linea di crinale, ne hanno molte di meno a divellere un cippo e ripiantarlo altrove o farlo addirittura sparire. Così i 686 pilastri di pietra, che dal 1840 segnavano il confine tra Regno borbonico e Stato pontificio, erano costantemente vigilati dalle guardie di frontiera perché non venissero spostati per risparmiare sui dazi; il che non impedì che molti di loro fossero divelti, quando nel tempo non trascinati a valle dalle frane.
Cippi distrutti, spostati, ci portano al tema delle confinazioni ripetute, certo non per questa sola ragione. I confini nella storia ebbero sempre un margine di provvisorietà al di là dei trattati più stringenti e dettagliati, sia per la volontà di una parte di non riconoscerli o accettarli, sia per mutamenti nei caratteri naturali o antropici dei luoghi.
Da qui la pratica di ridefinirli più volte nel tempo, spesso con criteri diversi; e la conseguente difficoltà per lo storico di prendere posizione nel caso di una controversia.