Le origini della letteratura di viaggio

La “Guida rossa” e la conoscenza dell’Italia

di Rossano Pazzagli

Il viaggio è vecchio quanto la storia dell’uomo sulla terra e fin dall’antichità i racconti del territorio emergono come un particolare genere letterario. Già Erodoto nei suoi viaggi in Persia, in Sicilia e in Egitto descriveva il paesaggio, i modi di vivere e le culture dei popoli incontrati. Ma la prima vera e propria guida di viaggio può forse essere attribuita a Pausania, un greco vissuto nel II secolo a. C. che scrisse un diario di viaggio attraverso la Grecia (Helládos Periēgēsis) con l'indicazione dei luoghi più notevoli, delle curiosità e delle possibilità di trovare alloggio e vitto.

Nel mondo romano erano di grande aiuto ai viaggiatori i cosiddetti Itineraria, cioè descrizioni delle principali vie di collegamento con l’indicazione delle stazioni di sosta e delle distanze.
Durante l’età medievale i Mirabilia accompagnarono i viaggiatori che percorrevano le grandi vie del pellegrinaggio religioso, da Roma a Gerusalemme, da Santiago de Compostela agli altri santuari europei, con informazioni anche sugli ospizi e i pericoli del percorso, senza contare il primo vero e proprio reportage di viaggio rappresentato da Il Milione, l’opera che alla fine del XIII secolo il mercante veneziano Marco Polodettò a Rustichello da Pisa descrivendo il suo lungo viaggio in Cina e in Oriente.

Dal Rinascimento in poi l'Italia si piazza saldamente in cima alla lista dei luoghi "da non perdere". Grazie anche all’affermazione della stampa nasceva così una letteratura specializzata di viaggio, con opere come quella di Leandro Alberti che alla metà del XVI secolo pubblicò a Bologna la Descrizione di tutta l’Italia, un immenso affresco dei luoghi e delle arti che invitava a conoscere l’Italia del ’500. Altri due prodotti, diffusi a livello europeo, scandiscono in modo particolare la storia delle guide di viaggio agli albori dell’età moderna: laGuida delle strade di Francia, un libretto stampato da Charles Estienne nel 1522, e l’Itinerary di Fynes Moryson pubblicato nel 1591.

Fu soprattutto la pratica del grand tour a dare un impulso decisivo alla produzione di guide e di diari di viaggio, apparsi nel ‘600 e moltiplicatisi nel corso del ‘700. Entro questo genere europeo, ben rappresentato daiTravels through the low-countries, Germany, Italy and France, stampati nel 1636, prende corpo l’editoria dedicata al viaggio in Italia: nel 1670, veniva pubblicato The Voyage of Italy di Lassels, e nel 1688 usciva a La Haye il Voyage d’Italie di Misson, mentre nel ‘700 si infittiscono i titoli sulla penisola, tra cui il Voyage en Italiedi La Lande stampato a Parigi nel 1768, fino all’Italienische Reise di Goethe. Scritto a seguito del soggiorno in Italia (1786-1788), quest’ultimo può essere considerato il magistrale approdo di questa linea di sviluppo, che ha rappresentato una delle più importanti mode culturali dell'età moderna. Poi la svolta, soprattutto ottocentesca.

Le guide, che fino a quest’epoca erano state costruite in primo luogo attorno all’esperienza diretta dell’autore-viaggiatore, assumendo quindi un carattere eminentemente soggettivo, cominciano ad orientarsi verso uno stile più asciutto e neutro: con l’affermarsi delle guide Baedeker tramontava – come è stato osservato - la società dei viaggiatori sei-settecentesca con la sua idea di viaggio come momento di formazione come possibilità di vivere lo spazio.
Possiamo identificare due esempi diversi di questo mutamento di ottica nei racconti italiani del francese Stendhal e dell’americano Mark Twain che a metà ‘800 descriveva l’Italia come “il paese più disgraziato e principesco della terra". Sul piano interno questo cambiamento di concezione della guida emerge con il progetto editoriale dell’Itinerario italiano pubblicato a più riprese a Firenze e a Milano dalle ditte Pagni, Tofani, Pirotta e Vallardi a partire dai primissimi anni dell’800. Esso conteneva la “descrizione dei viaggi per le strade più frequentate alle principali città d’Italia” con l’indicazione delle distanze, dei tempi di percorrenza, delle emergenze storico-artistiche e naturali, delle produzioni economiche, degli alberghi e delle tariffe postali. Il successo commerciale di questo genere di prodotto spinge altri editori alla progettazione di strumenti utili per visitare il territorio italiano, come avviene a Milano nel 1831 quando i mercanti Artaria avviano la stampa della Nuovissima guida dei viaggiatori in Italia, la quale conoscerà egualmente diverse edizioni nel giro di pochi anni.

Alla tradizione europea del Voyage en Italie si affiancava intanto anche la pubblicazione di dizionari, corografie e guide rivolte alla parte alfabetizzata della popolazione italiana. Nell’ambito di questo filone, già fiorente in età preunitaria, l’Itinerario italiano e la Nuovissima guida aprirono in Italia un approccio divulgativo, avvicinando la nascente nazione a una pratica – quella turistica – che sembrava appannaggio solo di ricchi stranieri e eruditi. Intanto si diffondeva nella penisola il fortunato libro di Antonio Stoppani intitolato Il Bel Paese, pubblicato per la prima volta nel 1876; questo si rivelò un libro di viaggio molto particolare ed ottenne un successo straordinario: le edizioni si moltiplicarono, il testo fu adottato nelle scuole e diventò un vero best seller di quei tempi. Con l'artificio di 32 conversazioni didattico-scientifiche, svolte con linguaggio divulgativo attorno al focolare, l’autore descriveva la geologia e le bellezze naturalistiche delle diverse regioni italiane.

Con la nascita del Touring Club, fondato a Milano da un gruppo di ciclisti nel 1894, cambiò il modo di viaggiare e di guardare all’Italia: l’immagine idealizzata del Paese, che emergeva spesso nei viaggiatori dei secoli precedenti, lascia il posto a un’Italia reale, ritratta dall’obiettivo della macchina fotografica, vista tra l’altro come un mezzo per coinvolgere i soci che venivano invitati a fotografare ogni singola parte della penisola con l’obiettivo di far conoscere l’Italia agli Italiani. Non soltanto l’Italia delle grandi direttrici di transito e delle città ferroviarie, ma anche ampie zone dell’Italia rurale e i mille luoghi raggiungibili con la bicicletta.
Il Touring Club iniziò la sua opera agendo in varie direzioni: dall’abbellimento delle stazioni ferroviarie, ai rimboschimenti, dalla proposta delle prime piste ciclabili alla segnaletica stradale, dalla partecipazione ad altre importanti associazioni (il Club Alpino Italiano era nato nel 1863; l’Automobile Club d’Italia sorgerà nel 1905). Ma il T.C.I. si venne qualificando agli occhi degli italiani soprattutto per il sistematico impegno editoriale: nel 1895 oltre all’avvio della “Rivista mensile”, pubblicava la prima guida turistica (la Guida itinerario dell’Italia) dedicata essenzialmente alla rete stradale, alla quale seguono gli Annuari generali che riportavano notizie sull’associazione e sui servizi che si potevano trovare nelle località italiane, mentre nel 1914 esce dopo una lunga gestazione la Carta d'Italia del Touring, la prima a fini esclusivamente turistici, e vede la luce anche il primo volume della Guida d'Italia che segnava l’inizio della lunga serie delle cosiddette Guide rosse, della “signora in rosso” come è stata definita. Gli scopi precipui che si volevano raggiungere con la Guida sono sintetizzati chiaramente dai presidenti del Touring – Bertarelli prima e Bognetti poi – nell’introduzione a ogni volume: “Affrancare gli italiani dall’uso di quelle guide straniere che si erano generalmente imposte tra noi pel loro merito reale di redazione e di carte, e mettere la Guida nostra in così gran numero di mani da influire sensibilmente sulla piccola coltura e sul movimento turistico generale” che ormai si andava sviluppando.

Cominciava così la parabola, ormai centenaria, delle Guide d’Italia del Touring Club. Le guide rosse sono rimaste tra le poche, pur in un processo di standardizzazione e oggettivizzazione dei prodotti editoriali, a configurarsi anche come un prodotto letterario, la continuità moderna della lunga tradizione della letteratura di viaggio. Quando cominciarono, le guide rosse erano il simbolo di un turismo aristocratico e borghese, ancora riservato a pochi; poi, gradualmente, esse diventano lo strumento qualitativamente più rilevante di quello che si avviava a diventare un turismo di tutti, conservando però lo stile di chi considera le vacanze e il viaggio come conoscenza, gusto della scoperta e esperienza di vita.

Il treno, le biciclette, la fotografia e le prime automobili identificano un’epoca – quella del secondo ‘800 e del primo ‘900 – nella quale si sviluppa definitivamente il turismo italiano, superando le strade polverose delle carrozze a cavalli e i lenti tragitti della navigazione, necessariamente limitati al mare e a qualche fiume o canale. L’attività editoriale e le iniziative promozionali del Touring Club Italiano, e in particolare la pubblicazione nel 1914 della prima Guida rossa, sono il frutto e al tempo stesso uno degli strumenti principali di questa fase in cui il turismo italiano stava muovendo i primi passi e il viaggio stava diventando la chiave di una nuova coscienza nazionale.


Nota Bibliografica:
A. Berrino, Storia del turismo in Italia, Bologna, Il Mulino, 2011
L. Di Mauro, L’Italia e le guide turistiche dall’Unità ad oggi, in Storia d’Italia, Annali: Il paesaggio, a cura di C. De Seta, Torino, Einaudi, 1982, pp. 367-428.
F. Ghersi, La signora in rosso. Un secolo di guide del Touring Club Italiano, a cura di M. Gatta, Macerata, Biblohaus, 2012
S. Pivato, Il Touring Club Italiano, Bologna, il Mulino, 2006