Musiche tradizionali regionali
La zampogna molisana e i musicisti girovaghi
di Vincenzo Lombardi
Il Molise interno, fino alle trasformazioni epocali degli anni Sessanta del Novecento, ha conservato alcune espressioni di tradizioni musicali sia riguardo all’ambito performativo – con repertori e modalità esecutive legate principalmente ai cicli stagionali annuali o a peculiari cerimonialità - sia in relazione a quello della costruzione di strumenti che lo hanno caratterizzato e, in forme peculiari di persistenza e/o riscoperta, legate anche a processi di patrimonializzazione, ancora lo caratterizzano.
Di particolare rilievo sono state, ed in parte sono, le tradizioni musicali e costruttive di strumenti musicali legate a due aree montane della regione, quella del Matese e quella delle Mainarde, rispettivamente rappresentate dai comuni di San Polo Matese e di Scapoli.
Tali tradizioni sono, ancora oggi, essenzialmente rappresentate dalla zampogna, cosiddetta molisana, e dalle musiche con essa prodotte, da sola, oppure insieme alla ciaramella (un oboe popolare) o alle voci.
Si tratta di uno strumento in legno e pelle animale (almeno in origine), di un aerofono a sacco, come recita la definizione organologica. È composto da un otre in cui si insuffla aria; ad esso è collegato un raccordo chiamato monoblocco nel quale sono inseriti dei tubi forati (chiamati chanters) che permettono di produrre suoni attraverso delle ance doppie (tipo quella dell’oboe). Tramite la chiusura dei fori dei chanters, con i polpastrelli delle dita, si può accorciare o allungale la lunghezza dei chanters e produrre suoni più o meno gravi o acuti.
Benché la zampogna sia individuata genericamente come uno strumento pastorale, si può osservare che l’afferenza a tale ambito socio-economico e culturale non è sempre pacifico.
In Molise vi sono tracce dell’esistenza di uno strumento costruttivamente più semplice, fatto di canna invece che di legno, chiamato localmente scupina (presente ancora nel comune di Fossalto). Per tale strumento una maggiore prossimità all’ambito pastorale è certamente accoglibile.
Per quanto attiene allo strumento di cui trattiamo, ossia la zampogna molisana e la ciaramella con cui fa coppia, è facile osservare che le competenze e le capacità per costruirla mal si sposano con l’ambito socioeconomico pastorale.
Pare evidente che le attività necessarie per la costruzione di tale strumento (tornitura del legno, perforazione delle canne, realizzazione dei fori, ecc.) richiedano capacità manipolative specializzate, almeno semiprofessionali, e una dotazione di attrezzatura che, di certo, nelle comunità tradizionali, poteva afferire solo ad alcune attività di tipo artigianale.
Oltre a tali aspetti, ulteriori considerazioni accreditano la tesi che si sta esponemdo.
In primo luogo, anche l’esame delle capacità legate all’utilizzo stesso di tale strumento e delle competenze necessarie all’esecuzione di brani musicali, per quanto semplici (e non sempre lo è anche per i brani dei repertori tradizionali), porta a constatare la presenza di pratiche performative semiprofessionali, ossia di saperi specialistici necessarie all’uso di tale strumento, a trasmissione familiare o in un ambito leggermente più ampio, spesso di affiliati a gruppi sociali abbastanza ristretti.
Si può osservare ancora, in analogia con quanto detto, la coesistenza all’interno dei nuclei artigiani presenti presso le comunità tradizionali molisane, e non solo, di altre pratiche musicali semiprofessionali molto simili, come ad esempio quella bandistica e quella mandolinistica.
Infine, la caratterizzazione delle pratiche musicali citate, praticate dai membri della classe artigiana, in particolare bandistica e zampognara, quale fonte di integrazione di reddito.
Riguardo alle pratiche musicali zampognare, in particolare, si possono ricordare le attività dei musicisti girovaghi che hanno solcato le strade d’Europa, prima, e quelle del Nuovo Mondo, poi, proprio partendo dai piccoli comuni molisani. Oppure, ci si può riferire ai percorsi degli zampognari che, per periodo più brevi, tarati con cicli stagionali, hanno portato le musiche natalizie nelle case di molti residenti nelle città italiane, a partire da quelle dell’antica capitale del Regno (Napoli).
In particolare, con la caratteristica formazione, coppia di zampogna e ciaramella, gli artigiani musicisti molisani proponevano alle famiglie cittadine il “servizio” devozionale della novena (all’Immacolata in particolare) e queste ripagavano con doni alimentari o con piccole somme di denaro contribuendo a mantenere in equilibrio una composita economia di sussistenza.
L’offerta di “servizi devozionali” dietro compenso è, nel tempo, sostanzialmente scomparsa; oggi capita di incrociare qualche sbiadita proposta, non più caratterizzata dai tratti salienti che determinavano le ragioni profonde di quel “dare-avere”, ma solo da piccoli interessi di raccolta di denaro.
La tradizione costruttiva della zampogna molisana, nei decenni tra fine XX ed inizio XXI secolo, è stata oggetto di significativi interventi, sia pubblici sia privati, tesi alla rivitalizzazione ed alla patrimonializzazione, ma, dopo interessanti cenni positivi di ripresa, non ha avuto gli esiti sperati. Resistono giovani artigiani che hanno intrapreso con decisione la strada dell’innovazione organologica. Questa ultima, a sostegno di un intenso fenomeno, di respiro internazionale, in parte di revival musicale, in parte, di reinterpretazione artistica di alcune radicate musiche tradizionali.
A conclusione di questo breve, tumultuoso, forse un po’ confusionario percorso di ricostruzione di un quadro culturale e musicale troppo ampio per stare in poche battute, mi piace ricordare l’emblematico, metaforico ed ancora attuale incontro/scontro di mentalità, il dilemma culturale, che coinvolge due zampognari partiti alla vigilia di Natale da San Polo Matese "alla conquista" di Milano, protagonisti di un docu-film mandato in onda dalla Rai nel 1959, a confronto con un industriale milanese presso la cui casa si trovano a proporre la novena di natale: il vero Natale si fa con la zampogna o con il panettone?
Per approfondire:
Vincenzo Lombardi
- In (re)viva voce. Strategie e processi di valorizzazione delle tradizioni musicali. Squilibri, Roma 2017;
- Costruzioni musicali. Idee, musicisti, gruppi, pratiche e attività musicali in Molise fra folklore e world music dagli anni Cinquanta a oggi, in “Glocale. Rivista molisana di storia e scienze sociali”, 2014, n. 6, pp. 81-162;
- Lo zampognaro patrimonializzato, in “Utriculus”, XVIII (2019), nn. 57-58, pp. 75-79;
- La Raccolta “La Lapa” - Musiche tradizionali del Molise registrate da Alberto M. Cirese, con Prefazione di Maurizio Agamennone, Postfazione di Pietro Clemente, Edizioni di Macchiamara, Bagnoli del Trigno 2022.