Uomini della Natura 

Il lavoro nel bosco in Maremma

di Tiziano Arrigoni


La Maremma è sempre stata una regione di 'frontiera' per la Toscana, con caratteristiche demografiche e quindi sociali e un contesto ambientale diverso dal resto della Toscana. Terra 'vuota' di uomini e che quindi necessitava di manodopera, terra la cui demografia è stata condizionata dall'endemismo malarico , dove prevalevano l'incolto, il bosco, la palude. Non solo terra agricola spesso a seminativo nudo, ma territorio dove anche il bosco alimentava un'economia, soprattutto del legname e del carbone, e quindi richiedeva manodopera specializzata, spesso a carattere stagionale.[1]
Uomini che conscevano i ritmi della natura: nulla di idilliaco, vita dura e esistenza contrastata dalle malattie, ma pur sempre migliaia di uomini che popolavano i boschi o che erano a stretto contatto con essi.
Prendiamo quindi come esempio quei boscaioli e carbonai che scendevano in Maremma in autunno dall'Appennino toscano per tagliare gli alberi e carbonizzare la legna, di cui rimane memoria anche nelle fiabe come il “pover'omo” di Montale Pistoiese che emigra i Maremma per mantenere la famigliae “vi andiede co' su fagotti e l'accetta in sull spalla”. [2]
Quelli maremmani erano dunque luoghi difficili , adatti a persone abituate ad una vita dura, fossero cacciatori o carbonai e boscaioli immigrati stagionali. I rari abitanti della Maremma , fuori dai centri  abitati, conducvano una vità così insuale da stupire i viaggiatori cittadini. Il pittore Eugenio Cecconi non esita a paragonare queste persone al gaucho della Pampa o al trapper del Nordamerica e ricorda un suo incontro con un 'merlaio' ossia un cacciatore di merli, “tutto coperto da capo a piedi di pelli di capra”, che viveva isolato nella foresta. [3]
Il richiamo a questi uomini della natura non deve apparire eccessivo poiché gran parte delle attività economiche maremmane ruotava intorno al bosco. Attività che richiamavano ogni anno boscaioli dall'Appennino Tosco-Emiliano ; tagliatori di dogherelle di rovere e di cerro dalle montagne di Modena, dall'Umbria e dal Lazio; tagliatori di scorza di sughero, sempre da Modenese; carbonai,dalla montagna di Pistoia; raccoglitori di pinoli e cacciatori di tordi e merli con le trappole, dal territorio di Lucca. [4]   
L'attività di bonifica delle pianure con il taglio dei boschi planiziali, lo sviluppo del sistema della grande fattoria, durante il XIX secolo- inizi XX secolo ridimensionò la presenza degli uomini della natura stagionali, che però rimasero una componente importante dell'economia maremmana fino a metà Novecento e un elemento per riconoscere la Maremma stessa. Solo per portare un esempio: quando nel 1921 viene organizzata un'escursione in Maremma dal Congresso Geografico, i congressisti – escursionisti cominciano a notare i primi segni di Maremma solo quando si avviciano a Suvereto e vedono numerosi carbonai “che accompagnano muli con sacchi di carbone a bisdosso”[5] e che l'attività di carbonaio fosse conosciuta come una delle attività caratterizzanti di questa zona viene testimoniato da un curiosa citazione di Enest Hemingway su “Esquire” del gennaio 1936, quando, parlando dei giovani soldati inviati dal governo fascista in Etiopia, scrive che fra questi c'erano anche quelli che “bruciavano carbone di legna nei boschi sopra Piombino”.[6]
Poi nel secondo dopoguerra venne l'epoca de Il taglio del bosco di Carlo Cassola (1949) che descrive ancora una Maremma solitaria e deserta, ma è il canto del cigno di un'epoca : quando la squadra dei boscaioli si avvicina a piedi all'area del taglio, il forteto da tagliare, uno di loro si lascia prendere quasi dallo sconforto: “E' tutta così la Maremma?- diceva. Cammini cammini, non incontri nessuno  e non arrivi mai in nessun posto”. [7] Un mondo destinato a scomparire completamente in pochissimi anni sotto la spinta del miracolo economico.  Per sempre? Dagli anni Novanta l'economia boschiva ha ripreso a vivere , su basi nuove, grazie a nuovi immigrati bosniaci, macedoni, serbi e montenegrini che si dedicano ai lavori del bosco nella fascia che va dall'Amiata alle Colline Metallifere “e riscrivono, senza saperlo, sulle stesse alture, in un'altra lingua, un capolavoro del Novecento, Il taglio del bosco di Carlo Cassola”.[8]

[1]Riprendo buona parte delle indicazioni dal mio Come in America. La Maremma e la frontiera, 2 edizione, Piombino, La Bancarella Editrice 2023.
[2]G. NERUCCI, Novelle montalesi, Firenze, Le Monnier 1891, pp.438- 443.
[3]Fra le carte di Eugenio Cecconi, Livorno, Bastogi 1974
[4]A.ZUCCAGNI ORLANDINI, Atlante geografico, fisico e storico del Granducato di Toscana, Firenze, Stamperia Granducale 1832, tavola XVIII
[5]Guida per la escursione dell'VIII Congresso Geografico, Firenze 3- 6 aprile MCMXXI. Toscana centrale e Maremma, Firenze, Alinari 1921, p.28.   
[6]Dal nostro inviato Ernest Hemingway, Milano, Mondadori 1977, p.242
[7]C. CASSOLA, Il taglio del bosco, Milano, Rizzoli 1998, p.29.
[8]P. RUMIZ, Amiata, taglialegna slavi per far risorgere il bosco, in “la Repubblica”, 13 ottobre 2003.