Vivere l'Arno: generazioni a confronto

di Alessandra Martinelli

Nel 2018 l’Istituto di Ricerca sul Territorio e l’Ambiente-Leonardo, di cui faccio parte, si occupò di un progetto, su incarico della Provincia di Pisa, dal titolo “partecipARNO”. Si trattava di uno studio pilota promosso dalla Regione al fine di avviare un processo territoriale partecipato, volto a elaborare un Contratto di Fiume dell’Arno per la Provincia di Pisa. Il progetto ha comportato la realizzazione di interviste a persone a vario titolo interessate alla questione, tra le quali anche molti anziani interpellati al fine di recuperare, fra l’altro, la memoria della vita delle comunità legate al fiume. Sono stati inoltre diffusi questionari, svolte indagini di vario tipo, organizzati incontri e studi per ricostruire la storia dell’Arno. L’interesse delle comunità e la partecipazione sono stati alti, a dimostrazione di quanto questo tema sia sentito.[1]

Fra i tanti spunti di riflessione scaturiti da questo progetto ne è emerso uno particolarmente interessante: la diversità della visione del paesaggio fluviale e del rapporto con il fiume a seconda della generazione. Nel corso del tempo sia l’aspetto del fiume, sia il rapporto della gente con esso sono assai mutati, come riscontrato dalle risposte rilasciate nelle varie conversazioni avute e che sono state estremamente differenti a seconda dell'età dell'intervistato. I più anziani ricordano un corso d’acqua che faceva fortemente parte della loro vita: il greto dell’Arno era abitato fisicamente dalle persone: ragazzi e adulti. Era un luogo di attività ludiche e di incontri di ogni tipo: nell’Arno si pescava, si faceva il bagno, si lavavano i panni, si lavorava. E i testimoni anziani raccontano con nostalgia che sulle rive del fiume facevano le prime esperienze, passeggiavano, incontravano gli amici, organizzavano picnic, nascevano i primi amori. Per intere generazioni il fiume è stato al centro della vita delle comunità affacciate sulle sue sponde.

Dopo gli anni '50 inizia un repentino cambiamento sotto vari punti di vista, e poi, con gli anni ’60 ed il boom economico, cambia anche il modo di vivere. I mezzi a due ruote, la Vespa in particolare, poi le automobili, si diffondono a vista d’occhio, e con la bella stagione non si scende più sulle rive dell’Arno, ma iniziano le gite verso il mare. Intanto le fabbriche e l’aumento della popolazione nelle città incrementano a dismisura l’inquinamento delle acque. La tragica alluvione del ’66 comporta danni e distruzioni e fa emergere una serie di criticità. Negli anni ’70 le sponde sono abbandonate, il fiume è ormai sempre più inquinato, e non fa più parte della comunità in senso positivo. Per quelli della generazione dei sessantenni come me, il ricordo del fiume negli anni della gioventù è estremamente negativo: era maleodorante, contaminato, abbandonato, invaso soltanto da grossi ratti. Il “nastro d’argento” celebrato in poesie e canzoni era ormai una striscia di acqua marrone assai poco invitante.
In questi ultimissimi anni, tuttavia, dopo alcuni lavori nei vari tratti del fiume che hanno visto l'installazione di depuratori e alcune opere di messa in sicurezza, qualcosa sta nuovamente cambiando. Lungo le sponde, soprattutto nei tratti urbani, nei periodi estivi sono nati una serie di locali temporanei che si animano soprattutto alla sera. Così, di nuovo, sul greto del fiume si va per ballare, ascoltare musica, mangiare, incontrare amici. E si stanno aprendo piste ciclabili lungo le sponde, aree attrezzate per attività sportive, cresce il numero di società di canoa e canottaggio. Certo, l’acqua è ancora sporca, non si fa il bagno in Arno, ma sicuramente il rapporto con il fiume delle nuove generazioni si è modificato.
Una rigenerazione? Decisamente no, la strada è ancora lunga: le acque del fiume rimangono molto inquinate e mal regimentate, il paesaggio fluviale tuttora assai compromesso, ma il primo seme per un cambiamento è stato gettato, un primo tassello per un lungo lavoro ancora da fare. Ri-vivere il fiume è un modo per avviare un processo di rinascita, vuol dire aprire la strada ad un modo diverso di guardare l’Arno, a nuovi interessi commerciali e maggiore attenzione da parte della popolazione. Interessi e interventi che rischiano però, spesso, di essere contrastanti, di sovrapporsi e non essere armonizzati fra loro. Serve dunque una politica territoriale lungimirante, rispettosa dell’ambiente e della comunità, oltre che del fiume, per una vera rigenerazione ambientale.

[1] Per informazioni dettagliate sulla realizzazione del progetto e materiali di informazione si veda: https://www.parteciparno.com/.Per una lettura dei primi risultati cfr.: T. Nadalutti, Riconquistare l’Arno partecipando, in Pisa e l’Arno. A mezzo secolo dell’alluvione del 1966, a cura di S. Pinna, Roma 206 pp. 147-161; T. Nadalutti-G. Pozzana, «PARTECIPARNO», un progetto per ricucire l’Arno, il suo territorio e le sue comunità in provincia di Pisa, in Vallis Arni # Arno Valley:La Toscna da fiume al mare tra eredità storica e prospettive future, a cura di di M.L.C. Lemut, F. Franceschini, G. Garzella, O. Vaccari, Pacini editore 209, pp. 135-144.