Porti, immagini, suoni

di Paolo Mazzucchelli

Porti… e alla mente mi arrivano immagini suoni, odori che parlano di navi, di marinai, di mare…
Il primo ad affacciarsi è il lupo di mare dallo sguardo inquietante che fa “bella” mostra di sé sulla copertina di “A salty dog” (1969) dei Procol Harum, opera di Dickinson (pseudonimo dietro il quale si cela la moglie del compositore  Keith Reid), firma cui vanno ascritti anche gli artworks di altri due album della band inglese. 

Sul disegno che fa da sfondo al celebre marinaio notiamo anche un faro, elemento che ritroviamo in diverse altre copertine a sfondo marinaro, a partire da quello “lunare” protagonista del “Best of…” della band canadese Lighthouse. Colori e stile del disegno portano la memoria direttamente al tratto di Roger Dean, cui probabilmente paga un debito di ispirazione notevole Allan O’Marra, grafico titolare dell’artwork di quest’album targato 1974.

Per completezza va ricordato che già tre anni prima i Lighthouse avevano utilizzato un faro per la copertina di “One fine light.  Fari a protezione di chi naviga, pronti a guidare navi in piena tempesta come quella che appare alle spalle dei componenti della Steve Miller Band sulla psichedelica cover di “Sailor” (1968),

o come quella che attraversa il “Red Sea”, secondo disco dei Warhorse impreziosito dal disegno di Rick Breach, firma di spicco dell’etichetta Vertigo. 

Ad alcuni comunque il faro è servito a poco, come si evince dalla copertina di “Lying and dying in ¾ time” (1974) del cantautore Jimmy Buffet; un’occhiata alla fotografia sul retro renderà ancora più sarcastico il nome della barca. 

Per raccontare di un naufragio si può pure ricorrere ad una citazione artistica “colta”, come decidono di fare nel 1985 gli irlandesi Pogues per il loro “Rum, Sodomy and the Lash” 

affidando al grafico Peter Mennim l’irriverente rivisitazione dell’opera “La zattera della Medusa” dell’artista Theodore Géricault.

E’ opera di una sconosciuto Wayne Lum la meravigliosa cover di “Salt Sun and Time” di Bruce Cockburn

un disegno che stuzzica la curiosità, inducendo a ben più di uno sguardo per comprenderne il gioco, svelatoci infine grazie al retro copertina e all’altrettanto meravigliosa fotografia interna di Lyle Wachovsky. 

Moli e spiaggia finalmente, godendo della malinconica bellezza di artwork come quello di “Quay” (2017) del progetto di ambient music Quest

della struggente sensazione di spaesamento e disillusione che ci rimandano alcuni degli scatti presenti nel prezioso libretto di ben 44 pagine incluso nell’edizione gatefold di “Quadrophenia” (1974), forse l’ultimo grande album degli Who,

o come quello che ritrae Charles Aznavour ne “Il bosco e la riva” (1973), artwork nel quale riconosciamo senza dubbio alcuno il tratto inconfondibile di Caesar Monti.  

Sono il mare e la zona portuale della natia Canvey Island a fare da sfondo ai componenti dei Dr. Feelgood sulla copertina del loro album d’esordio targato 1975, 

e non potrebbe essere diversamente visto che il titolo dell’album è “Down the jetty”, letteralmente “Giù dal molo”. Quest’album verrà spesso citato come fonte d’ispirazione da artisti quali Blondie, Ramones, Richard Hell, Bob Geldof e Paul Weller, al punto che quest’ultimo deciderà di inserire la copertina di “Down by the jetty” fra gli oggetti presenti in quella di “Our favourite shop” dei suoi Style Council.
Il cerchio di questa carrellata si chiude tornando ai fari, come quello che ci appare ben saldo di fronte alla mareggiata sulla cover di “Lighthouse” (2016) di David Crosby, 

ricordandoci il profondo rapporto che lega da sempre l’artista californiano al mare e ai suoi elementi, nonché la struggente copertina del suo primo lavoro solista, “If I could only remember my name” (1971), con quel tramonto che, spegnendosi sul suo viso, pare una lacrima dorata a scivolare sulle tribolate vicende personal e i demoni che lo attanagliavano in quel periodo.