Il cinema tra arte e industria

di Fabio Canessa 

 Il cinema nasce come uno scherzo. I fratelli Lumière, che lo inventarono, e il geniale Georges Méliès, che lo consacrò, pensavano di avere tra le mani uno spasso da Luna Park. Le immagini che si muovono apparivano come l’evoluzione fotografica della lanterna magica e delle ombre dei movimenti delle dita sul muro: un gioco di prestigio
per divertire i bambini. Subito dopo un polacco di buona volontà, tale Boleslaw Matuszewski (solo a scriverne il nome c’è paura che smettiate subito di leggere), pensò che questo sbalorditivo marchingegno potesse servire a insegnare qualcosa alla gente e incominciò a progettare documentari didattici, in grado di educare lo spettatore senza la noia della lezione a scuola. Ma nessuno, proprio nessuno, considerò il cinema un’arte.

Sappiamo poi come è andata a finire: il cinema è diventato l’arte e l’industria più significative del Novecento. Arte totale, perché coinvolge e fonde la letteratura (soggetto e sceneggiatura), la pittura (il linguaggio delle immagini), il teatro
(la recitazione di attori in carne e ossa) e la musica (colonna sonora). I
Industria perché se non si strappano i biglietti al botteghino e il film non incassa un soldo, tutti quelli che ci hanno lavorato finiscono in bolletta e soprattutto la presunta opera d’arte non la vede nessuno, come se non esistesse.

La sua natura ibrida di arte e industria ha reso il cinema, per più di un secolo, un prodotto in mirabile equilibrio tra sublime ispirazione estetica e spettacolo commerciale per le platee popolari, squisita prelibatezza per palati fini e veicolo promozionale del divismo. Ogni giovanotto vi ha trovato pane per i suoi denti e ogni vecchietto per la sua dentiera, in un prodigioso gioco di compensazione: cinema significa Luis Bunuel e Jean Luc Godard ma anche “Via col vento” e “Guerre stellari”; Federico Fellini e Ingmar Bergman rappresentano i Proust e i Joyce del
linguaggio delle immagini, mentre il genere western ha sostituito
l’epica omerica e medievale.

Spesso arte e industria sono andate a braccetto: Charlie Chaplin e John Ford, Totò e Alberto Sordi, Alfred Hitchcock e Walt Disney, Clint Eastwood e Steven Spielberg sono stati insieme vertici dell’arte cinematografica e fenomeni industriali da merchandising. Anzi, il grande cinema è nato proprio dalla miracolosa ricetta che dosa perfettamente gli ingredienti dell’arte e dell’industria. Al di qua e al di là c’è spazio solo per lo standard dozzinale e lo snobismo pretenzioso.