Viaggiare con la letteratura

Intervista a Giulio Ferroni

(a cura di Monica Pierulivo)

La tematica del viaggio come pellegrinaggio verso la conoscenza di sé e del mondo, è molto ricorrente nella letteratura, unisce il reale con il fantastico, il presente con il passato.
L’ultimo libro di Giulio Ferroni, l’Italia di Dante. Viaggio nel Paese della Commedia, edito da “La Nave di Teseo”, uscito nel 2019, è un viaggio dell’autore attraverso i luoghi citati dal grande poeta nella Divina Commedia, un viaggio reale e simbolico allo stesso tempo nel quale si scopre e si valorizza una parte ampia del nostro paese, mettendone in evidenza le diversità, la ricchezza e la bellezza.
Il libro si è aggiudicato il premio Viareggio-Rèpaci 2020 per la saggistica e il Premio letterario internazionale Mondello.

L’Italia di Dante è un’opera rilevante, di 1300 pagine, un viaggio fisico e intellettuale nell’Italia e nella provincia che parte da Napoli, dove si trova la tomba di Virgilio, per attraversare in lungo e in largo il nostro paese. Come è nata questa opera?
 
Il libro è nato prima della pandemia che ne ha sacrificato l’immediata diffusione, non potendo fare in quel periodo molte presentazioni pubbliche. È stato promosso soprattutto dal 2021, in coincidenza con la ricorrenza dei 700 anni dalla morte di Dante.
Ho voluto fare un lavoro basato su tre passioni: Dante, l’Italia e il viaggio. C’era stato anche uno studioso che nella seconda metà dell’Ottocento aveva attraversato l’Italia sulle orme di Dante, il tedesco Alfred Bassermann. Ma, differenza di Bassermann, che cercava di capire se in ogni luogo nominati nella Commedia Dante c’era veramente stato, io però ho voluto fare un lavoro diverso, cercando la traccia di Dante nell’Italia di oggi, evidenziandone anche i cambiamenti intervenuti nel tempo; un percorso attraverso la storia, la cultura, l’arte che vuol restituirci la vera conoscenza e l’autenticità dei luoghi. Un invito all’approfondimento.
Viaggiare culturalmente significa infatti confrontare il passato con il presente, cosa che in un paese come il nostro dovrebbe essere fatto sempre.
Oggi purtroppo sempre più spesso chi visita le città e i luoghi non fa altro che cercare tutte le abitudini e le piacevolezze che già vive a casa sua, mentre invece il viaggio è soprattutto scoperta, anche di luoghi meno visitati e meno conosciuti, anche attraverso la loro storia, le trasformazioni che i luoghi geografici e le città hanno subito. Per fare questo ci viene in aiuto la storia ma anche la letteratura, con scrittori anche lontani nel tempo come Dante, che ci consentono di rivivere l’esperienza già fatta in quegli stessi luoghi in passato e di rapportarla alla realtà attuale. In ogni luogo c’è una sostanza vitale e storica, sono state vissute tante fatiche, sofferenze, esperienze belle e brutte. Avere questa consapevolezza è fondamentale per comprendere in profondità una città, un ambito geografico, un paesaggio.
Ho voluto fare quindi un libro sull’Italia di oggi ma specchiata nell’Italia di Dante.
 
Il libro si basa infatti sul continuo intreccio tra presente e passato attraverso le citazioni dantesche della Divina Commedia. Si parte da una grande città, Napoli, per passare a Roma e Firenze e incontrare poi anche molti altri luoghi geografici e paesaggi.
 
È stato un viaggio durante il quale sono andato a cercare anche i luoghi meno conosciuti. Da una parte ci sono città come Firenze con i suoi spazi ultracelebri e questo turismo “totale” di adesso che porta purtroppo alla gentrificazione dei luoghi più conosciuti del nostro paese e quindi anche alla loro trasformazione, non in positivo secondo me. Dall’altra ci sono i luoghi più ai margini, meno visitati, che sfuggono all’omologazione e possono rappresentare ancora delle scoperte.
Oggi infatti le città turistiche sono piene di persone che si fanno fotografie all’infinito, che hanno un’idea consumistica del viaggio e dei luoghi che visitano. Il turismo totalizzante, se da una parte può dare vantaggi economici, dall’altro fa sì che i nostri luoghi siano consumati velocemente e questi aspetti emergono dal libro, nel raffronto tra presente e passato.

Cosa è il viaggio secondo lei?

Una volta gli spostamenti erano impegnativi, per mancanze di infrastrutture, mezzi di trasporto ecc., un’esperienza che ti portava fuori dalla vita normale, una parentesi nello sviluppo della quotidianità. Ecco il viaggio potrebbe essere questo, nella grande letteratura il viaggio è sempre stato questo. Negli anni ’80 insieme ad alcuni amici, avevamo iniziato a pubblicare una rivista dal titolo “L’Asino d’oro”, fondata da Remo Ceserani, e dedicammo un numero alla letteratura del viaggio sotto il titolo generale “La fine dei viaggi” perché avevamo l’impressione il viaggio come esperienza letteraria assoluta non esisteva già più.
Certo oggi si possono sempre fare viaggi straordinari, in luoghi spesso pericolosi, esotici, però nei nostri Paesi, nella nostra vita quotidiana ormai il viaggio non è più una scoperta della diversità del mondo, che purtroppo appare sempre più uguale dappertutto.

Dipende anche molto da noi, dalla nostra sensibilità, da come viviamo?
 
Nel mio libro ho cercato di insistere sull’importanza di andare a cercare le unicità dei luoghi, anche in quelli più conosciuti. Se vado a Firenze ad esempio posso andare a cercare i luoghi più specifici e meno noti di Dante, di Pratolini, ecc., così si scopre il senso della città.
 
Cosa ha voluto dire vivere questi luoghi attraverso gli occhi del grande poeta?

A volte vengono fuori storie, vicende, personaggi, piccole narrazioni che riguardano sia i tempi di Dante sia cose che sono accadute dopo, opere d’arte, monumenti, chiese ecc. e si sente la vita del luogo per come si è svolta nel tempo.
Abbiamo dimenticato che la bellezza non è qualcosa che si afferra con una fotografia, ma la devi vivere toccandola, scoprendone i particolari. Purtroppo nella nostra società il senso della bellezza come esperienza è venuto meno. Siamo di fronte alla bellezza artificiale, adesso poi con l’intelligenza artificiale si può fare tutto, dare vita a ciò che non esiste. 
Un viaggio come quello che ho potuto fare io non so come sarà ancora possibile di fronte alla sempre più vorticosa trasformazione ambientale. Io mi sto occupando proprio di questo con un nuovo libro che sta per uscire, su Umanesimo e Natura per la Nave di Teseo: tocca la presenza della natura nella cultura umanistica.

Quanto può essere importante questo suo libro per l’insegnamento nelle scuole superiori? Può rappresentare uno strumento didattico per avvicinare i ragazzi a Dante e anche ad altre discipline?
 
Quando si studiano la letteratura, ma anche la storia e le materie scientifiche, la scuola deve tenere ben presente il rapporto con i luoghi concreti; qualsiasi forma letteraria e scientifica è sempre legata ai luoghi dove viene prodotta, da dove è partita. Questo è un concetto da tenere ben presente e molto utile quando si insegnano sia le materie umanistiche sia quelle scientifiche; la geografia inoltre è una materia ormai totalmente trascurata che si studia pochissimo, mentre invece credo sia fondamentale nell’insegnamento, anche in rapporto alle altre discipline. Quando parliamo di un luogo possono venire fuori approfondimenti diversi: toccare la conformazione geologica, fisica e molto altro, si può usare la matematica per misurare. L’insegnamento può sicuramente beneficiare di un approccio simile che renda concrete e non astratte le diverse discipline.
Attraverso Dante poi si può parlare di tutto, fiumi, territori, e da qui risalire a tante altre cose: nel famoso Canto V dell’Inferno, Francesca, per indicare Ravenna, egli parla del fiume Po: “..Siede la terra dove nata fui su la marina dove ‘l Po discende per aver pace co’ seguaci sui..” Allora Ravenna era a ridosso del Po e Francesca, per designare la sua città, si dichiara nata sulla marina dove sfocia il Po per aver pace con i suoi affluenti. Oggi, per le trasformazioni fisiche che quel territorio ha subito, Ravenna è più lontana dal mare. 
Si possono affrontare tante tematiche a partire dal testo di Dante, non utilizzandolo ovviamente solo come vile strumento, ma riconoscendone sempre allo stesso tempo l’estrema bellezza. L’esperienza umana è depositata tutta in quella formidabile poesia.