Studium

di Fabio Canessa

Studium in latino significa passione, desiderio. In un mondo nel quale la scuola dell’obbligo era di là da venire, lo studio non era un’applicazione, un impegno a cui devi sottostare per trovare lavoro o non finire all’ultimo posto di una società dove tutti vogliono superarti. Era invece una implicazione, una spinta innata verso un’inclinazione, qualcosa a cui vorresti dedicare l’intera giornata per soddisfare la tua curiosità sconfinata.

Gli adulti vorrebbero farti badare le pecore o arare i campi o zappare l’orto, e invece tu, attratto fino all’ossessione da un interesse profondo per l’arte, la musica, la scienza, la filosofia o per qualsiasi ghiribizzo con cui ti sentissi in sintonia, trascurando il dovere, non riesci a trattenerti dal seguire il piacere di quella che si chiama una vocazione.

Lo studium inizia dunque come trasgressione, spinta impaziente e trascinante ad andare dove ti porta il cuore. O il cervello. O come volete chiamare quella predisposizione che dà l’imprinting alla vita e che molti, poveracci, non ascoltano. Alcuni sottovalutano i segnali di richiamo che arrivano loro ben chiari fin dall’infanzia, altri si fanno intortare dal conformismo familiare di chi, per stare tranquillo, vuole collocarli in una zona confortevole di grigiore impiegatizio. Non aspirare a fare il musicista, il regista, l’attore, la ballerina, ti dicono, non venire fuori con i lumini da notte: iscriviti a legge, ingegneria, medicina, a qualche facoltà solida che faccia stare tranquilli genitori e parenti. Se proprio sei così sfessato da lanciarti in un tale salto nel vuoto da aspirare a ciò che ti piacerebbe davvero, preparati almeno un piano B. Così, noi grassi e pigri borghesi da quadro di Grosz e da film di Tim Burton, saremo sicuri che il piano B cancellerà subito il piano A, la cui possibilità di realizzarsi risiede solamente nella totale assenza del piano B. 
 
Lo studio, da affermazione ribelle della propria vocazione, è tristemente diventato il contrario: la penosa sottomissione a un percorso noioso imposto dagli adulti ai figli, tra raccomandazioni, minacce e ricatti emotivi. “Devi studiare” è quasi un ossimoro, come “devi desiderare”. Se avessero applicato al sesso l’ottusa ostinazione che è stata adoperata per lo status sociale, addomesticando lo studium fino a imbrigliarlo nello studio, la razza umana sarebbe estinta da secoli.