Sismografi
Nelle civiltà odierne, la scuola dei vari ordini, più ancora della formazione universitaria, è il sismografo della direzione che la classe dominante imprime sul medio periodo all’insieme sociale. Dico «classe dominante» includendovi anche le controspinte, di resistenza e di sovversione, che la dinamica della totalità comporta.
Il problema, eminentemente politico, è la comprensione delle curve che essa ci squaderna. Per esempio, La lettera a una professoressa della scuola di Barbiana, con la sua scabrità, con la sua insofferenza anticotestamentarie, recava la rabbia d’una sottomissione oramai insopportabile, la sua pagina additava l’energia e l’entusiasmo di un mondo nuovo che si afferma. Lì si leggono in figura i cattivi maestri che i benpensanti avevano deriso e punito, lì si trova in incubazione una generazione di subalterni che per prima è riuscita a lavarsi le mani dalla merda.
Tempo fa, Sergio Rizzo, giornalista del «Corriere della Sera», per comprovare il dannoso anacronismo dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, in una trasmissione televisiva ha graziosamente dichiarato: “Ho chiesto ai miei due figli, lei di 19 anni lui di 24. Non sapevano che cosa fosse”. L’intervistatore assentiva sorridente. Non ci hanno detto che entrambi mangiano brioche. E certo per un sodo meccanismo retorico noto all’intervistatore – di sicuro in quel momento candido come la sua coscienza – il comune ascoltatore con quel sorriso ha dimenticato lo scarso pane della propria credenza. Vicino, la giovane ragazza, studiosa e appassionata, decide alla fine che il suo destino non sarà la ricerca e lo studio, ma un breve corso professionalizzante.
Nella civile Toscana dov’io nacqui e parlo ancora la lingua di Dante, l’abbandono scolastico è oggi all’11,7 per cento dei ragazzi in età scolare, per non parlare della povertà educativa di chi pure a scuola, in qualche modo, rimane. Ma le cifre sono tante.
Anzi troppe. C’è il telegiornale che trionfa allegro il «boom dei giovani» negli alberghieri. Bene o male, un rudimento d’inglese per qualche oltrefrontiera lo impareranno.
(da Fughe. Prose, Manni, San Cesario di Lecce 2020)