Scuola e famiglia un problema di interesse
di Alessandro Moscatelli
L’etimologia della parola interesse è affascinante, motivo per cui almeno una volta nel corso dei cinque anni ad ognuno dei miei studenti è toccato di ascoltare un breve ma accorato pistolotto sulla derivazione del lemma dal latino interesse, essere in mezzo, essere dentro, forzando la mano essere insieme nello stesso spazio, intendendo in senso lato sia lo spazio come qualcosa di fisico sia come qualcosa di intellettivo, ideale, intangibile. Questo perché può capitare di passare ore nella stessa stanza con il corpo ma con la mente dissociata vuoi dai propri patemi adolescenziali vuoi dall’abuso dello smartphone, problema annoso che per altro vede nel rapporto con le famiglie un nodo gordiano.
Spesso si accusa la generazione Z di essere disinteressata, di aver un approccio passivo nei confronti della vita in primis, ma anche della scuola; per questo negli anni tutte le avanguardie educative si sono concentrate proprio su questo bisogno di creare un ambiente di apprendimento fisico e concettuale nel quale poter stare assieme ai ragazzi. Una proposta che riuscisse a coinvolgere e catturare l’attenzione per sfruttare al meglio il tempo scuola.
Il medesimo pattern di problemi e tentativi di soluzione affligge il rapporto tra scuola e famiglia, con le realtà genitoriali che per motivazioni sociologiche complesse e articolate fanno fatica ad avere “interesse” nei confronti della scuola nell’ampia accezione del termine delineata nella parte iniziale dell’articolo. In questa direzione vanno le risorse messe in campo dall’azione 1.4 del PNRR orientamento e riduzione dei divari territoriali che hanno dato la possibilità alle scuole di intraprendere percorsi di orientamento che vedano coinvolti i nuclei familiari con il tentativo palese di rinsaldare il rapporto tra scuola e famiglia. Nella medesima direzione vanno i patti di corresponsabilità che le scuole chiedono di firmare alle famiglie in sede di iscrizione ai nuovi cicli di istruzione intrapresi. Un bisogno evidente di costruire una relazione, un dialogo, uno scambio.
Fare generalizzazioni è ovviamente sempre riduttivo e fa perdere la complessità di un rapporto che, al pari di quello discente docente, è in ogni caso singolo, unico ed individuale. Quella che mi permetto però di rilevare, pur nella complessità delle sfumature, è una tendenza che vede le famiglie lontane sia fisicamente, come dimostrano alcune tristissime elezioni deserte delle rappresentanze scolastiche dei genitori, sia idealmente, con la messa in discussione praticamente quotidiana da parte delle famiglie di metodi educativi adottati, scelte programmatiche, scelte disciplinari e strategie di intervento.
Dovendo tradurre in un motto direi “troppo o troppo poco”, certo su questa situazione pesano moltissimi fattori, in primis una scuola che negli anni non sempre ha saputo coltivare il rapporto con le famiglie arroccandosi dietro posizione di potere ma anche una crisi dei corpi intermedi che vede i docenti, al pari dei medici, degli avvocati e dei professionisti in genere al vaglio del modello Google, dove tutto può essere letto ma non sempre viene compreso a fondo e dove, soprattutto per certi campi del sapere c’è il rischio concreto di uscire con più confusione di quando si è iniziata la ricerca.
Sono inoltre cambiate enormemente le strutture familiari e anche le esigenze lavorative che vedono in moltissimi casi una riduzione drastica del tempo da poter dedicare ai propri figli.
Assieme ad una constatazione che mi pare evidente e palese tengo però a sottolineare, a fronte soprattutto della mia esperienza pluriennale come docente di sostegno, il ruolo fondamentale del rapporto scuola-famiglia, oltre la retorica della manualistica. Ho toccato con mano nel corso degli anni come la costruzione sinergica o altresì oppositiva dei percorsi di vita, l’alleanza o la guerra tra queste due fondamentali agenzie educative sia determinante per ottenere il massimo sviluppo del potenziale dei discenti che è, a conti fatti, l’unico vero grande obiettivo della scuola.
Pertanto, in conclusione, quello che abbiamo davanti agli occhi è un enorme problema, che però è necessario trattare come una sfida, una sfida da vincere cercando il dialogo sempre e comunque, proponendo un modello di scuola accessibile, trasparente, aperta, usando un termine di gran moda inclusiva. Soltanto con la creazione di un interesse comune tra scuola, alunni e famiglia sarà possibile sviluppare il potenziale dei nostri alunni per dare a ognuno gli strumenti per costruire un futuro all’altezza dei propri sogni e delle proprie aspettative.