Vita da ricchi
di Elena Pecchia
Tanto siamo sempre lì. Non c'è niente che sia più ingiusto che fare parti uguali tra disuguali, così stigmatizzava Don Milani nella sua "Lettera a una professoressa" dividendo gli studenti tra i figli dei dottori (i Pierini) e i figli del popolo (i Gianni).
Siamo ormai alla seconda maturità "pandemica" ma, come al solito, ogni nuovo inquilino del Ministero dell' Istruzione ci tiene a dare il suo tocco a un castello ormai fatiscente, peggio della casa degli Usher.
Così il neoministro Patrizio Bianchi trionfalmente ha annunciato a due mesi dal faticoso traguardo che " debutta quest'anno all'esame di stato del secondo ciclo di istruzione la piattaforma per la compilazione del curriculum dello studente". Evviva, dalla maturità di quest'anno, alla fine dell'esame " il curriculum sarà allegato al diploma e messo a disposizione di studentesse (politically correct, che diamine!) e studenti all'interno della piattaforma".
Allora, chiariamo a chi non conosce dall'interno la scuola: da circa una decina di anni è in atto un' aziendalizzazione colpevole della scuola superiore per cui il Preside si chiama Dirigente, le materie e le attività scolastiche si chiamano offerta (formativa) e gli studenti con le loro famiglie sono gli utenti/clienti del Carrozzone. Alla fine dei cinque anni non sia mai che vengano richieste le conoscenze ma piuttosto le competenze, cioè il know how, e le abilità, competenze non più in potenza ma già in atto.
Comunque, quello che lo studente impara viene messo alla prova in qualche modo dalle varie formule di esame, proposte sempre in modo diverso sia quando si sta bene che in questi due anni di sofferenza. Insomma, alla fine dei giochi gli studenti si trovano in mano un diploma per proseguire gli studi o entrare nel mondo del lavoro, con valutazioni tra il 60 e il 100.
Non bastava? No, non è bastato: direttamente dalla Buona scuola, Bianchi ha riesumato questa proposta del curriculum vitae dello studente, scimmiottando quello necessario per entrare in azienda.
Il suddetto curriculum è diviso in tre parti: istruzione e formazione, suppergiù un elenco di conoscenze, competenze e abilità; certificazioni - e a questo punto dobbiamo cominciare a stare in guardia - e attività extrascolastiche. Già le certificazioni linguistiche, informatiche & co. non sono alla portata di tutti gli studenti, ma soprattutto è la voce "attività extrascolastiche" che distinguerà i figli dei ricchi coinvolti in attività sportive prestigiose, in stage negli States e in esperienze elitarie dai figli di Nessuno.
Con questo nuovo "cartellino" del curriculum, secondo la definizione dello storico dell'arte Tomaso Montanari, lo studente come prodotto a marchio controllato verrà immesso sul mercato.
Questo, del resto, è l'ultimo tassello di una storia tutta italiana.
Dagli ultimi dati Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) l'Italia viene definita il Paese della laurea ereditaria. Ben il 90 per cento dei figli laureati si laurea contro il 10 per cento di chi ha genitori fermi alla terza media, mentre il dato europeo si attesta su un più modesto 68 per cento di studenti con il titolo in tasca assicurato se figli di genitori laureati.
Eppure i politici italiani di turno si fanno belli della scuola italiana come terra dell'inclusione, all'avanguardia nella normativa per i Dsa (disturbi specifici dell'apprendimento), i Bes (bisogni educativi speciali), i Nai (Nuovi arrivati in Italia) studenti fragili per motivi personali, familiari e sociali a cui sono assicurati giustamente percorsi particolari. Un pezzo di carta da noi non si nega a nessuno. Carta straccia, tanto dopo il diploma, con o senza curriculum, andranno avanti sempre i figli dei ricchi.
Lettera di una professoressa 2021