La scuola è morta. W la scuola. Parole vecchie, nuove e nuovissime del Pianeta Scuola 2022.
QUALCOSA DI NUOVO ANZI DI ANTICO
Il 31 gennaio scorso alla fine il Ministero della Pubblica Istruzione si è degnato di raccontare a studenti e insegnanti come si configurerà il prossimo esame di stato.
Il 22 giugno alle otto e mezza migliaia di ragazzi affronteranno di nuovo, dopo due anni, la prova scritta di italiano.
E’ stata una scelta sofferta quella del Ministero, in bilico tra la tendenza “piaciona” nei confronti degli studenti – ricordate il clamoroso autogol della loro comunicazione sgrammaticata e senza capo né coda contro il ritorno della prova? – e le richieste pressanti di intellettuali e professori.
Luciano Canfora, Paola Mastrocola e altri si sono espressi sul tema in un convegno decembrino dal titolo esplicito “Scripta manent verba volant”, da cui è nato un comunicato, scritto con tutti i crismi e riportato dai principali giornali italiani, che ha contribuito alla scelta ministeriale.
A quel punto i tremebondi di Viale Trastevere hanno dovuto decidere se ripristinare anche la seconda prova, quella di indirizzo diversa secondo gli istituti; per non inimicarsi gran parte degli insegnanti hanno optato per il male minore, secondo loro: prove cucinate in casa secondo il poco e male che si è fatto in questo terzo anno scolastico disgraziato. Dal 27 giugno dovrebbero poi cominciare gli orali, sempre con lo spunto teatrale di un’immagine o di una frase da cui partire per fantasiosi sviluppi pluridisciplinari.
IL LICEO BREVE
Con un altro colpo di teatro a San Valentino dovrebbe ultimarsi la conta sulle scuole che vorrebbero aderire alla proposta di ridurre da quattro a cinque gli anni delle scuole superiori. Il buon senso c’è ma se ne sta nascosto per paura del senso comune… Tra Dad, quarantene e contagi la scuola ha perso tempo prezioso e studi europei prevedono che il danno subito da bambini e ragazzi sia irreversibile, ma anche in situazione normale come si può comprimere programmi, esercizi, prove, approfondimenti già congestionati nel quinquennio? Risposta ministeriale insensata: attraverso il ricorso alla didattica digitale e all’insegnamento secondo la metodologia Clil (Content and Language Integrated Learning).
Per i non addetti ai lavori: significa sbarazzarsi il più possibile delle ore di scuola, preparando lezioni preconfezionate in pillole, proponendo esercizi on line con risposte correttive in autovalutazione, propinando nozioni al minimo e limitandosi a sessioni laboratoriali. Ah il tutto servito, almeno in parte, attraverso la metodologia Clil, che prevede l’insegnamento di contenuti in lingua straniera: insegnare e imparare in una lingua diversa dalla propria non porta a una riduzione virtuosa dei saperi ma a un impoverimento delle capacità espressive e una vacuità superficiale degli argomenti.
SOFT SKILLS?
Una nuova espressione misteriosa si aggira per la scuola: le soft skills. Fiducia in se stessi, flessibilità, resistenza allo stress, capacità organizzative, spirito di iniziativa e capacità di risolvere i problemi. Ancora una volta dal mondo aziendale, che sembra una fonte virtuosa a cui la scuola deve guardare come modello, arrivano queste sorelle comportamentali indispensabili per gli studenti prossimi e venturi. Centinaia di ore di formazione pagate dal PNRR che si vorrebbero obbligatorie per gli insegnanti per plasmare gli studenti a diventare impiegati modello, infaticabili, sorridenti e disponibili. Con buona pace dello spirito critico.