Non aprite quella porta!
di Elena Pecchia
In piena pandemia il Ministero della Pubblica Istruzione ha visto bene di inserire una nuova materia interdisciplinare, multidisciplinare sovradisciplinare, l’educazione civica.
I profani della scuola non lo sanno, cioè quelli che stanno fuori dal “tempio” scolastico, ma in questi giorni nei consigli di classe è tutto un florilegio di iniziative e progettazioni per assicurare a ogni classe 33 ore di questa nuova “competenza”.
Naturalmente a costo zero, rosicchiando le ore in qua e in là agli insegnanti che si ostinano a voler offrire una spiegazione ai propri studenti, seduti rigorosamente in classe, ai loro banchi privi di rotelle, e magari desiderosi di imparare qualcosa.
Ora, a parte la corbelleria di insegnare un comportamento rispettoso della comunità, dell’ambiente e degli altri attraverso un semplice monito “ragazzi, siate bravi!” - che sarebbe come si volesse obbligare con un imperativo ad amare, sognare e perfino a leggere - , andiamo a vedere cosa prescrivono le indicazioni nazionali.
Gli assi fondamentali sono quattro: Cittadinanza e Costituzione, Diritti e Legalità, Cittadinanza digitale, Ambiente.
Tutte cose buone e giuste di per sé ma che nella pratica si riducono a ore stiracchiate in cui il povero insegnante di inglese “impapocchia” qualcosa sulla Magna Charta, il collega di matematica propone un’ora di informatica che conosce meno dei suoi studenti e il prof di scienze cerca di barcamenarsi tra neuroni specchio e la genetica per consolidare la necessità della solidarietà umana.
Non poteva mancare l’educazione ambientale. E perché non siano lezioni di “bla bla bla” si progetta un’uscita all’esterno. Anche perché c’è una ciliegina prevista alla fine di ogni quadrimestre per tutte queste ore butt… impiegate: il compito di realtà.
“Lo studente deve risolvere una situazione problematica, complessa e nuova, quanto più possibile vicina al mondo reale, utilizzando le abilità acquisite in contesti moderatamente diversi da quelli della pratica didattica”.
“Quanto più possibile vicina al mondo reale”, e allora “fuori tutti’, aprendo le porte delle aule, faticosamente riguadagnate dopo le forzate chiusure.
Decine di gite, uscite, visite alle imprese, musei, parchi di ogni genere, già cominciate in questa prima parte dell’anno e che ci immaginiamo si incrementeranno, virus permettendo, con la bella stagione.
Una soggettiva sugli studenti: chiusi nelle loro case per circa un anno e mezzo, appesi a una videolezione o allo smartphone, tornati da due mesi nelle aule scolastiche, ragazze e ragazzi faticano a stare attenti, sbadigliano sotto le loro mascherine e non riescono a stare fermi anche se un insegnante rivela il senso del mondo, con un deficit di attenzione spaventoso.
E a questi sopravvissuti scolastici con un’idea geniale viene proposto di mettere via i libri, fare lezione all’aria aperta, la chiamano Outdoor, e con il loro compito di realtà calare nei boschi a pulire parchi, vedere una mostra di un autore che non sanno chi sia o appollaiarsi in Piazza Colonna a vedere i deputati che escono dalla Camera.
Aristotele insegnava nel giardino del Liceo ad Atene, ma i suoi studenti non avevano alle spalle decine di anni di non scuola e due di lockdown.