Dada… Umpa

L’innovazione scolastica dell’”eppur si move”

di Elena Pecchia


Si scrive Dada si pronuncia Didattiche per ambienti di apprendimento". L’anno scolastico appena iniziato segnerà, salvo virulente ricadute, il ritorno alla normalità: niente mascherine, quasi nessuna regola Covid – a parte l’avvertenza di areare spesso le aule – compagni di banco a portata di chiacchiera, banchi senza rotelle e accoppiati. Ma per alcune virtuose scuole le cose andranno diversamente: le studentesse e gli studenti si sposteranno da un’aula all’altra,  da un ambiente di apprendimento all’altro. Un modello innovativo di matrice anglosassone, partito nel 2013 a Roma al Liceo Kennedy e al Liceo Labriola, a cui quest’anno hanno aderito oltre 100 scuole in tutta Italia.
Da una parte gli insegnanti possono personalizzare la loro aula in base alle esigenze della materia e alle loro passioni, dall’altra studentesse e studenti non saranno più bloccati per cinque o sei ore allo stesso banco o nello stesso ambiente, in genere un po’ triste e impersonale. Al cambio dell’ora ad attenderli l’insegnante di discipline umanistiche o quello di lingue e scienze in un’aula/laboratorio accogliente, colorata e ben arredata. Nei casi più fortunati, ovvero se ci sono spazi sufficienti, ogni singolo insegnante o un piccolo gruppo di insegnanti affini si crea un’aula perfettamente attrezzata e allestita.
L’idea di base, secondo gli ultimi studi delle neuroscienze, è che in un ambiente accogliente e personalizzato si impara più facilmente e piacevolmente e che il movimento è molto proficuo per il processo di insegnamento/apprendimento. Specie in questa era postpandemica in cui tutti, ragazzi e adulti, abbiamo sofferto l’immobilà forzata. Sembra proprio che l’attenzione degli studenti, grazie al movimento e alla possibilità di relazione “libera” negli spostamenti, venga risvegliata e che siano attutiti gli eventuali stati d’ansia.
Entriamo in queste aule DADA:  lavagne interattive multimediali, fibra ottica, registri elettronici… ma anche ben altro. Vocabolari cartacei, edizioni polverose ma blasonate dell’Odissea e della Divina Commedia, il cofanetto un po’ provato della Ricerca del Tempo Perduto, cartine storico-geografiche dell’Impero Romano sempre sotto gli occhi, pannelli ortografici preziosi come il pane per la Generazione Z. 
Grandi assenti, per fortuna, gli onnipresenti e onnivori cellulari che si lasciano all’entrata, in una cassetta ben confezionata e divisa in piccoli scomparti, e che verranno ripresi solo alla fine dell’ora. E nel laboratorio di scienze provette e alambicchi e in quello di arte la Città ideale, l’Uomo Vitruviano, un’immagine del Rifugiato di Jago, le scale di Escher che ricordano tanto lo spaesamento dell’uomo contemporaneo…
Le studentesse e gli studenti passano di ora in ora in queste Wunderkammer, in luoghi concreti e accoglienti, circondati da spunti che favoriscono la concentrazione con insegnanti proprio lì davanti a loro a guidarli in un cammino faticoso e affascinante. Suono della campanella: è ora di cambiare aula, i ragazzi si muovono tranquilli da un ambiente all’altro. Non è un sogno, è già avvenuto prima della pandemia, avverrà di nuovo.