Il cambiamento climatico globale attuale
di Carlo Bisci
Non c’è giorno che, più o meno correttamente, non si senta parlare del cambiamento climatico, dei suoi effetti, delle sue cause e delle possibili contromisure da dottare, per cui provo a sintetizzare in modo semplice alcuni punti chiave.
Che a livello globale da alcuni decenni il clima si stia modificando molto più rapidamente di quanto sia mai avvenuto nelle ultime centinaia di migliaia di anni è ormai confermato da innumerevoli osservazioni strumentali e completamente accettato da tutta la comunità scientifica, così come è unanimemente riconosciuta la pericolosità dei suoi effetti. Le uniche incertezze riguardano solo le previsioni sull’entità delle modificazioni che dobbiamo aspettarci nel prossimo futuro, data da un lato l’enorme complessità dei modelli e dall’altro la variabilità delle misure che potrebbero essere prese.
È importante innanzitutto comprendere che non si tratta solamente di riscaldamento globale, dato che l’aumento delle temperature comporta anche un incremento della frequenza e intensità delle precipitazioni più estreme (con conseguente aumento del rischio di esondazioni), dell’energia del moto ondoso, del livello del mare, della probabilità di siccità e carestie ecc. Tutto questo, a sua volta, renderà sempre più problematico vivere nei luoghi minacciati, con conseguente aumento dei migranti climatici.
È poi importante osservare che molte attività antropiche contribuiscono ad aumentare i rischi connessi al cambiamento climatico in atto – come l’impermeabilizzazione connessa con il consumo di suolo, l’arginamento dei fiumi, l’urbanizzazione delle fasce litoranee ecc. - e altre addirittura vanno ad amplificare l’innalzamento delle temperature, come la deforestazione.
Quanto all’origine di questo fenomeno, è oramai ampiamente dimostrato che le forzanti naturali (variazioni astronomiche, attività solare e fenomeni vulcanici) non riescono a spiegare neppure il 5% dei cambiamenti in atto.
Questo deriva quindi quasi esclusivamente dall’attività antropica e, in particolare, dall’aumento di concentrazione dei gas serra che riflettono buona parte della radiazione emessa dalla Terra.
In particolare, si è osservato che nel corso di circa 50 anni l’anidride carbonica nella troposfera è aumentata di circa il 35% e che, a causa del riscaldamento sono aumentate anche le concentrazioni di altri gas serra (vapore acqueo e metano). Si è inoltre verificato che l’aumento di concentrazione della CO2corrisponde quasi perfettamente con la quantità di questo gas prodotta dalla combustione di carbone e derivati del petrolio; analisi isotopiche hanno poi confermato l’incremento del carbonio atmosferico di origine antropica.
Riguardo le contromisure che possono essere adottate, bisogna distinguere tra le azioni di prevenzione e quelle di mitigazione. Le prime tendono a ridurre la concentrazione dei gas serra riducendone le emissioni e cercando di sequestrare quanta più CO2 possibile; purtroppo, però, sono caratterizzate da tempi molto lunghi per essere efficaci (in media l’anidride carbonica rimane nella troposfera per un secolo e mezzo) e dalla necessità di un impegno globale, che però al momento attuale rimane un’utopia, dato che molti dei Paesi più inquinanti, come gli USA e diversi Paesi arabi, non hanno firmato gli accordi internazionali sul clima (Parigi, 2015). Le seconde, invece, mirano ad aumentare la resilienza tramite interventi puntuali progettati per ridurre l’impatto delle conseguenze del CC a livello locale e sono quindi quantomai varie per tipologia e scala degli interventi.
Nel complesso, va purtroppo segnalato che ad oggi nessun Paese è ancora abbastanza attivo nel fronteggiare i drammatici effetti del cambiamento climatico globale; particolarmente critica è poi la posizione dell’Italia, che dal 2022 al 2023 ha addirittura perso ben 15 posizioni nella classifica mondiale.