Dischi d'acqua
di Paolo Mazzucchelli
“Ah certi piccoli fiumi di bassa pianura
Che arrivano dritti nel mare
E chissà se si accorgon di niente
O si lasciano semplicemente arrivare
Assomigliano a certe tristezze
Che senza preavviso
Allagano i laghi del cuore
E alla solita acqua ci mischiano un'acqua
Che arriva da non si sa dove…”
(Piccoli Fiumi – Gian Maria Testa)
…magari dal cuore e dalle sofferenze delle donne di tutto il mondo, colte da Joel Brodsky e rappresentate da quella lacrima che sta per scorrere sul viso di Astrud Gilberto nel suo album del 1969.
L’acqua di cui siam fatti, che ci circonda, affascina, atterrisce, disseta, nutre; quella dei giochi semplici di chi vive nel ghetto e meglio non ha, per divertirsi e trovare sollievo dalla calura, che giocare per strada con un idrante, raccontati da Corky McCoy per Miles Davis
o da Ruby Mazur sulla copertina di quel mai troppo celebrato capolavoro che è “Harlem Street Drive” di Eddie Palmieri.
Si può trovare la pioggia, nelle sue mille danze
nelle istantanee di uggiose giornate rivisitate dal gusto di Mario Convertino
o traccia della sua mancanza nelle spaccature di una terra assetata
almeno quanto quella luna magistralmente disegnata da Gil Funcius per l’omonima band tedesca.
Acqua che scorre nei fiumi, come quello in bilico fra realtà e riflesso che troviamo sul mitico “The river” di Terry Reid,
quello solarizzato, in pieno mood psichedelico, della cult band Mad River;
un “naif” fiume di sogni
oppure quello tanto improbabile da sembrare possibile partorito dallo studio Hipgnosis per “Endless River”, l’album del 2014 dei Pink Floyd
a fare il paio con l’altrettanto immaginifico panorama terracqueo donatoci da Roger Dean con l’artwork di “Fragile”.
Fiumi sgorganti da cime immacolate,
con allusioni sessuali ben visibili ad un occhio attento e smaliziato, come accade negli album degli If o degli Uriah Heep (copertina quest’ultima caratterizzata dal tratto inconfondibile di Roger Dean)
pronti a trasformarsi in placidi fiumiciattoli di campagna come quello dove si bagnano i sei componenti della Allman Brothers Band nella copertina interna dell’omonimo album di debutto.
Un ciclo che finisce inevitabilmente in quei mari ed oceani che tanto hanno donato alla grafica legata ai dischi in vinile, nel meraviglioso concerto delle onde
nelle cristalline acque che troviamo negli album dei Silencers, di Echo & the Bunnymen o nella versione per il mercato tedesco di “Com’è profondo il mare” di Lucio Dalla
o in quelle profondità regno di Poseidone e di inquietanti mostri marini.
Alte maree piene di minacciose creature,
acque percorse da impavidi naviganti
alla ricerca di nuovi silenziosi passaggi
attraversando mari terreno di caccia di pericolosi pirati
ove navigare sul filo dell’ignoto fa parte del gioco
magari scoprendo nuovi oceani “topografici”.
Possiamo anche decidere di guardarla dalla spiaggia quest’acqua, in attesa dell’onda giusta
oppure rimuginando sulle rovine, personali o della propria nazione che siano.
In chiusura, se vi va, consiglio l’ascolto di alcuni brani in tema:
“Piccoli fiumi” - Gian Maria Testa
“Harlem River Drive” - Eddie Palmieri
“Take me to the river” nella versione dei Talking Heads
“River man” – Nick Drake
“Riverboat song” – Ocean Colour Scene
“Down By the river” - Neil Young