Cinema e Musei

di Fabio Canessa

"Dietro liceo, davanti museo”, dice un vecchio proverbio (sessista?) a proposito di signore attempate dal fisico snello e dal volto sfatto, capaci di provocare nel corteggiatore ingannato una doppia corsa: la prima per raggiungere la liceale, la seconda per schizzare via lontano dal museo.
Deposito di documentazione del passato (storico, artistico o archeologico), il museo è spesso associato all’imbalsamazione polverosa, all’immobilità della morte. Dalla quale è affascinato il giovane Holden del romanzo di Salinger, in visita al Museo di Storia Naturale di New York: “Nessuno si muoveva. Potevi andarci centomila volte, e quell’ esquimese aveva sempre finito di prender quei due pesci, gli uccelli stavano ancora andando verso il sud, i cervi stavano ancora abbeverandosi a quella fonte”.
Così nella saga cinematografica “Una notte al museo”, diretta da Shawn Levy, di notte quel medesimo museo visitato da Holden prende vita: i dinosauri e gli animali impagliati, la statua di Roosevelt a cavallo e quella di Cristoforo Colombo diventano veri e si scatenano di fronte allo sguardo sbigottito del custode; l’idea geniale ha prodotto un primo film delizioso e gli altri di irrimediabile bruttezza.
 Un capolavoro è poi “Arca russa” del maestro Aleksandr Sokurov, un piano sequenza di un’ora e mezzo (senza stacchi) girato all’interno dell’Ermitage di San Pietroburgo per dare vita alle sale del museo e dimostrare come il cinema può animare quel prezioso e inesauribile scrigno di arte e di storia che è l’istituzione museale. 
Il linguaggio filmico spettacolarizza con il movimento (in greco “cinema” significa proprio “movimento”) l’archivio monumentale, che sprigiona emozioni che
attraversano e dilatano lo spazio e il tempo. 
Se il museo ha il compito nobile e importante di combattere l’azione distruttrice del
tempo, al cinema tocca la magia di far serbare al museo la freschezza del liceo.