Che spettacolo di catastrofe!
di Fabio Canessa
La catastrofe naturale sprigiona tutto il terrore e il fascino sui quali si fondano la letteratura, la pittura e il cinema. Si parte dall’eruzione del Vesuvio che ha ucciso Plinio il Vecchio e attrae, da trecento anni, folle di turisti a Pompei, si continua con “La ginestra” di Leopardi e le epifanie mozzafiato dei dipinti romantici di Caspar David Friedrich per arrivare alla spettacolarizzazione della sciagura che il cinema ha trasformato in clamorosi successi popolari. “Io e il ciclone” è un capolavoro di Buster Keaton girato nel 1928, ma il genere catastrofico esploderà negli anni Settanta, quando gli spettatori godevano del piacere di farsi spaventare da un film come “Terremoto”, per il quale le sale si attrezzarono con il sistema Sensurround, che prevedeva effetti sonori amplificati e la poltrona che tremava, per moltiplicare la paura.
Il cinema diventava così un luna park dove lo spettatore, pagato il biglietto e seduto tranquillo nel cinema sotto casa, provava l’ebbrezza del disastro sgranocchiando i popcorn. Tutto è andato bene per qualità espressiva e incassi al botteghino finché la colpa della strage era di una Natura matrigna che all’improvviso ci sorprende con lo sterminio. Le cose si sono complicate, anche artisticamente, con le distopie che incolpano (giustamente) l’uomo per un cambiamento climatico che rischia di provocare la fine del mondo: “E venne il giorno” è il film più brutto dell’ottimo Shyamalan, l’artificioso “Don’t look up” non riesce a coinvolgere davvero per la smania di sostenere la propria tesi, il pur notevole “Siccità”, a livelli stratosferici rispetto alla media italiana, ha deluso un pubblico che da Virzì non aspettava allarmi apocalittici ma risate.
La migliore trasfigurazione, a futura memoria, dei problemi che ci affliggono oggi (e ancora di più domani) rimane “Wall-E”, geniale e profetico film d’animazione della Pixar, diretto da Andrew Stanton. La splendida rappresentazione del mondo post-umano che verrà.