Ballando di architettura

Un piccolo viaggio  negli ultimi libri in cui si scrive di musica


di Donato Zoppo

Scrivere di musica è come ballare di architettura.
Dichiarazione ormai storica, tradizionalmente attribuita a Frank Zappa, spesso anche a Elvis Costello, Laurie Anderson e  Thelonious Monk. In realtà la paternità dell'aforisma è dell'attore Martin Mull, che lo usò in un'intervista del 1979 mutuandolo da un suo insegnante d'arte. Pare però che la massima sia molto più longeva, da far risalire al 1918, quando in un periodico americano qualcuno affermò che scrivere di musica è come “cantare di economia”.
 
Si scrive molto in generale, e in particolare la musica è un argomento assai gettonato da autori e editoria nostrana. Fortunatamente abbiamo superato da tempo la fase delle enciclopedie rock, utili per la consultazione nell'epoca pre-Wikipedia ma oggi ampiamente superate. Siamo invece in un periodo in cui la scrittura di affari musicali, lasciatasi alle spalle anche le grandi biografie, affronta elementi tematici con punti di vista nuovi e osservazioni più fondate, complice l'incrocio tra fonti cartacee e digitali. Segnalo con piacere alcune nuove uscite, che ci danno anche la possibilità di inquadrare lo stato di salute della letteratura musicale in Italia.   
 
Può sembrare in contraddizione con quanto affermato prima, ma anche in libri con un taglio un po' passatista – del tipo “le cento più belle canzoni di”... - possiamo rinvenire analisi eccellenti. Pensiamo al caso Beatles. Ogni qual volta esce un libro sui Beatles parte di colpo la domanda: ce n’era davvero bisogno? Trattandosi del più rilevante fenomeno della pop culture, è inevitabile che sia così studiato, analizzato e commentato. In Getting Better. Le 250 migliori canzoni dei Beatles classificate, valutate, commentate (Arcana) Leonardo Tondelli fa qualcosa in più. Prova ad andare al nocciolo della faccenda: non propone un’analisi sociomusicologica alla MacDonald, non si presenta in veste di biografo alla Norman, Spitz o Davies, non ha passato la sua vita tra gli archivi di Abbey Road come Lewisohn. Si avvicina di più all’approccio di Massimo Padalino: se però questi calava i Beatles nella cultura del Novecento allontanandosi deliziosamente dal tema, Tondelli usa il commento song by song per fare emergere le singole personalità, il senso del gruppo, il rapporto musica-parole, la ratio generale di tutta la vicenda all’insegna di un primato compositivo e sperimentale che regge il tutto. Il  suo libro si rivela così una delle migliori pubblicazioni in materia negli ultimi tempi.

Dal trionfo pop beatlesiano a un'immersione nella cultura nera. Dissidio, lotta contro la sottomissione, rivoluzione come stato mentale, cantare come contributo civile per la comunità. Le citazioni in esergo di Amiri Baraka, Gil Scott-Heron e Aretha Franklin sono più che sufficienti per inquadrare il panorama approfondito da Carlo Babando in Blackness. Storie e musiche dell’universo afroamericano (Odoya). Un lavoro magistrale che contestualizza l’epoca Black Lives Matter – va anche indietro all’epopea Stax e Motown, alla Blaxploitation, si espande al nu-soul, retrocede fino alla musica subsahariana – e fornisce ragguagli storico-musicali per comprendere un universo, più che un semplice panorama artistico e culturale. Con Babando le storie dietro i dischi sono storie di stupore.

Se volessimo provare a virare al femminile queste storie? Sarebbe già utile un colpo d’occhio su alcune figure, presenti sulla copertina del libro e immortalate sulle copertine dei dischi, quasi da gioco di specchi escheriano. Janis Joplin. Patti Smith. Debbie Harry. Nina Hagen. Grace Jones. Bjork. Donne in copertina, ma non solo: simboli di rivoluzione, consapevolezza, emancipazione, anche attraverso il volto, anche attraverso l’immagine. L’effigie femminile diventa icona attraverso la discografia, in un rimpallo tra autocoscienza e mercato. È l'argomento del nuovo lavoro di uno dei massimi esperti europei di cover art, Paolo Mazzucchelli, dal titolo lungo e chiarificatore: L'altra metà del pop. L'emancipazione femminile rappresentata nelle più belle copertine dei dischi (Stampa Alternativa).

C'è anche spazio per storie oblique, di dissoluzione, lontane dai clamori pop ma mitizzate, più che storicizzate. Oggi più che mai emerge la necessità di rivederle con un occhio critico e non celebrativo. È il caso di Nick Drake, analizzato da Ennio Speranza in Nick Drake e Pink Moon. Una disgregazione (Galaad Edizioni). Musicologo, drammaturgo, docente, saggista, collaboratore di Radio Tre, Speranza è una personalità dai molteplici interessi e viva curiosità. Se ha deciso di confrontarsi con Nick Drake, è segno che nella discografia pur ridotta di un artista scomparso giovane, con un succinto patrimonio di canzoni, ci sono elementi di notevole interesse. Non solo: Speranza ha esplorato a fondo Pink Moon, il capolavoro del 1972, individuandone caratteristiche peculiari, temi, direzioni e soprattutto frammentarietà. Lontano dal santino.

Chiudiamo con un testo denso per la competenza autorevole dello scrittore, la portata dei temi, il dialogo tra Storia e storie. Critico musicale, pianista, conduttore radiofonico, ricercatore universitario, Giacomo Fronzi è autore per Carocci di Percorsi musicali del Novecento. Storie, personaggi, poetiche da Schönberg a Sciarrino, che narra della musica colta del Secolo breve. Stockhausen e Cage, un irregolare come Frank Zappa, uno spirituale nobile come Arvo Part, un vivente “già nella storia” come Steve Reich. Musica contemporanea narrata con garbata e analitica passione.