In giro per il mondo un’invasione di “corpilievi”, non di “ultracorpi” comodi solo all’occhio perché fatti sì di fili ma anche di nodi, rami, tronchi, frottole e frittate. E, allora, facile, l’occhio ne segue le invasioni di campo e di spazio; ma il bricolage-divertissement tessile finisce qui. La “prestigiatrice coi fili” ha il mondo e non il salotto o la cucina di nonna Felicita da col-legare. Un mondo su cui distendere il suo “monumento continuo” che non si staglia, radicale, imperterrito ed implacabile ma svolazza, disturba, distoglie, e distrae, non di pietra ma di vento, dal frastuono. Non “città cartoline” ma città “cartine al tornasole” del sentire, del mostrare, del comunicare di individui “liberati” a parti di corpo o di psiche, che ormai sappiamo impossibile esserlo interamente. (Giorgio Teggi)

In questi tempi storici che disorientano abbiamo bisogno di VISIONI.
Ripenso alle mie azioni artistiche e partecipate e ricordo DialoQui, intrecci in dialogo tra le persone, lo spazio e le cose, nella ricerca di una reciproca comprensione di pace. Sono installazioni che ho sperimentate a lungo, in forme, modi e luoghi sempre nuovi.
DialoQui nasce 20 anni fa, nella primavera del 2003 a Felino (Parma) dove Anna e Luigi mi invitano ad effettuare un’installazione ambientale. L’occasione è la festa dell’Associazione “Natura e vita”. Il luogo è il “Podere La Padovana”. Mentre passeggio, in perlustrazione, lungo il filare di gelsi, rifletto su questa indifesa e poetica archeologia rurale in via di estinzione. I gelsi mi appaiono fieri e deboli, saggi e dimenticati, armati di sola bellezza, nella pacifica attesa della voce di qualche amico della natura che li difenda dallo sradicamento. Il luogo è intenso, riconciliante. Mentre continuo a camminare comincio a tessere leggere visioni di oggetti dialoganti, oscillanti amache di intrecci vegetali, segni tessili che invadono pacificamente lo spazio. Per l’occasione di festa e in difesa del podere che sta per essere sostituito da un grande capannone, nasce l’opera temporanea Dialoghi tra gelsi, non solo un intervento effimero o una giornata di festa con un laboratorio aperto a tutta la cittadinanza, ma la testimonianza concreta di una visione-azione reale sul territorio. Da questo incontro partono e si diffondono, nel tempo, le successive installazioni di selle, fionde, panorami, riposatoi d’orizzonte, sassidondolo, pannintrecci, riparami e altri, come forme armoniose, visioni, appunto, in cui la mente organizza i dati dell’esperienza sensibile.

Dopo questa prima occasione i DialoQui continuano a diffondersi e si evolvono, grazie anche a chi crede nel valore sperimentale (educativo) dei miei laboratori e così, dai comuni della bassa reggiana, parte l’occasione di intrecciare idealmente il mondo. Inizio ad immaginare una terra che si lascia avvolgere da morbide catene vegetali che uniscono cose e persone, senza stringere, in leggerezza, per poi ritornare alla natura. Lungo le strade che mi conducono alle scuole, nei paesi dove si svolgo i miei laboratori, sento il mondo che intorno a me dialoga piano, con discrezione, dentro il verde dorato della primavera. Rallento e guardo le grandi case della pianura che, solo in apparenza solitarie, si cercano l’un l’altra. Insieme agli abitanti di questi territori e alle loro mani, lancio e collego fili che si intrecciano tra le cose, legandosi ai muri, tra le panche e i paesi, attraversano cieli, per giungere sui campanili. Creo una visione, temporanea, ma anche concreta ed estetica, di un mondo di abbracci, di catene tessute d’armonie profonde, nell’intento di cogliere la bellezza e la solidarietà tra luoghi e persone.
Queste installazioni sono opere partecipate di un’arte ambientale che è al contempo reale, concettuale e fantastica, fatta di scambi di vento, parole, materiali e sguardi emozionati dentro un grande sogno collettivo di pace. La de-limitazione geografica del sito mi permette di agire, pensare e costruire visioni, come curiose sorprese, sempre diverse nei luoghi e negli incontri, sostanza di piccoli segni effimeri, impressi come ricami nella memoria.

Credo da sempre nella necessità di riconoscere i luoghi della nostra quotidianità, anche come esercizio di immaginazione e dialogo. Dia-logos “discorso tra” due, o meglio dia-loQuor, singolare di dialoQui “conversazione tra” due, dove i soggetti conversano insieme e si aggirano con le parole nell’impalpabile spazio che, separandoli, li lega nella ricerca di un passaggio segreto che conduca uno all’altro.
Se manca “la prestigiatrice coi fili”, possiamo comunque mantenere le visioni, proprio tessendo trame di parole che, nostre compagne sonore, possono diventare quei fili segreti che intrecciano legami, creano reti di scambio e ci aiutano ad abitare i luoghi della nostra vita. Conversare insieme (cum-versare), crea segreti passaggi che ci conducono l’uno verso l’altro, dunque, possiamo sempre tessere trame di parole, DialoQui che ci uniscano in una sottile orditura di pensieri e intrecci che non ci lascino mai soli, ma protetti da un’ala invisibile di fiducia e “Il mondo che vi pare di catene” ci apparirà “tutto è tessuto di armonie profonde”, come scrive il poeta Sandro Penna.