C'è tuo qui? Il limite dei confini

di Fabio Canessa

 
Romolo traccia col piede la linea del pomerio della città che sta per fondare, Remo per dispetto la attraversa e il fratello gli tira una sassata nel cervello lasciandolo stecchito. La nostra storia comincia così: la nascita dell’Occidente inizia con un fratricidio per motivi di confine. Più allegra la disputa tra Totò e Fernandel nel film “La legge è legge”: i due vivono in un paesino di frontiera dove un albergo ha la cucina in Italia e le camere in Francia.
Sembra una trovata assurda e invece esiste una situazione così anche nella realtà: Baarle è una cittadina divisa a metà tra Belgio e Olanda, dove il confine passa in mezzo a una casa. Il portone è uno, ma a destra ha il numero 19 della olandese via Loveren e sulla sinistra il numero 2 della belga via Hertog: gli abitanti hanno la cucina in Belgio e il salotto in Olanda. Entrambe le bandiere fanno bella mostra di sé di fronte al palazzo. La situazione surreale fa venire in mente la strullata dei tempi delle medie (oggi sarebbe bullismo) di chi metteva la mano a un millimetro dal naso di un altro, provocandolo con la frase: “C’è tuo qui?”. A ricordarci che ognuno di noi confina con il perimetro della pelle del proprio corpo e solo di questo siamo padroni.
Come l’origine di Roma testimonia che il conflitto sta alla base della storia e della geografia, anche della politica e perfino delle relazioni familiari: la storia romana sarà una storia di guerre civili (Mario e Silla, Cesare e Pompeo, Ottaviano e Antonio) con le liste di proscrizione a esiliare i confinati, il Medioevo proseguirà con i Guelfi e i Ghibellini, i Bianchi e i Neri, fino ai fascisti e ai comunisti del Novecento, di cui si sentono ancora gli echi. Infine arriverà un tale a dire di aiutarli a casa loro.
Balsamo per medicare le tragedie che nascono dai paradossi burocratici, la poesia abbatte ogni barriera.
La permeabilità delle frontiere umane è cantata nella splendida “Salmo” da Wislawa Szymborska, la quale osserva quanto le nuvole e la sabbia del deserto se ne freghino dei confini, “quanti ciottoli di montagna rotolano su terre altrui”, quanti uccelli trasvolano da uno stato all’altro, “foss’anche un passero: la sua coda è già all’estero benché il becco sia ancora in patria”, quanti pesci violano “i sacri limiti delle acque territoriali”. Per non parlare della nebbia, della polvere o anche delle stelle, visto che non si può sapere “per chi brilla ciascuna”. Insomma, “solo ciò che è umano può essere davvero straniero”. Aiutiamoci a casa nostra.